Vangelo Migrante: II Domenica di Quaresima | Vangelo (Lc 9,28-36)

10 Marzo 2022 – Nel cammino quaresimale, la II domenica è tradizionalmente dedicata alla Trasfigurazione: un’esperienza per guardare alla meta, proprio mentre stiamo ingaggiando una sorta di combattimento.

È un testo che ha delle potenzialità infinite di riflessione, ma a noi, questa domenica, ci è offerto come paradigma della vita del cristiano: per poter arrivare a compiere la propria missione con il Signore, per il cristiano è necessario ascendere, vivere un’esperienza che trasfigura e tornare alla vita.

Il Vangelo parla di Gesù che si stacca dal gruppo, prende con sé alcuni e sale su un monte. Perché la relazione con Dio abbia inizio, è necessario un ‘fuori’ che rivela intimità ma anche una sorta di ‘privato’ e di ‘circoscritto’.  Non è divisione o esclusione: è ‘separazione’ da una realtà caotica e confusa, ma anche da un pensare solo a se stessi, per entrare nell’ordine della bellezza di Dio e nella luce che da essa si promana. Nell’esperienza dell’esodo, si vede e si ascolta qualcosa che altrimenti non è dato vedere e udire.

Anche oggi, per tante ragioni, si avverte l’esigenza di un ‘distacco; ma, normalmente, questo avviene con forme di autoanalisi che, tuttavia, rivelano profonde insoddisfazioni perchè non ci vediamo come vorremmo; non capiamo il perché, e allora ci diamo a forme di introspezione e di auto-contemplazione. Ecco che la prima forma di ascesi è proprio l’uscita da noi stessi.

Proprio come avviene sul Tabor: “Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno”. Il sonno è una sorta di ‘abbandono’. “Ma quando si svegliarono videro la Sua gloria”.  Solo quando si perdono quelle forme di controllo che pensiamo di esercitare su tutto, a partire da noi stessi, si può vedere il ‘vero tutto’ che abbiamo dinanzi e che normalmente ci sfugge: questa è trasfigurazione. Solo quando permettiamo che la vita venga svestita delle determinazioni fatte sulla base delle cose che ci circondano, essa tira fuori il suo aspetto rinnovato: in questo è trasfigurata. Così apparve ai discepoli il volto di Gesù: non determinato da nient’altro se non da se stesso; brilla di luce propria; e riflette in chi lo vede un benessere che a sua volta genera un desiderio: rimanere! “Maestro, è bello per noi essere qui!”, esclama Pietro! Stare con il Signore fa stare bene! Il discepolo sta bene ovunque ma non sono le condizioni esterne a determinare il suo benessere, bensì il Signore! Lo confermerà Gesù sulla croce al buon ladrone: “oggi sarai con me!”

… E si torna alla quotidianità: alle cose della vita si arriva dal Tabor. Se si pensa di affrontarle senza quel passaggio, potrebbe essere tardi. Attenzione: dinanzi a Dio, tutto è possibile; ma l’assetto, ordinario del cristiano è giungere alla vita dalla Trasfigurazione: là si apprende chi è il Signore per me e chi sono io per Lui.

Solo così posso andare e vivere in pienezza.

Il bello della trasfigurazione sembra contrastare con la drammaticità della guerra in corso. Quello evangelico non è un bello estetico né un benessere godereccio ma una condizione che fa il paio con il vero e con il bene. È con questo sguardo trasfigurato che il cristiano accoglie i tanti profughi di queste ore. In quel gesto non c’è solo una risposta all’emergenza ma anche verità, dignità e libertà; la propria e quella di chi ha di fronte. (p. Gaetano Saracino)

 

 

 

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