1 Marzo 2022 –
Milano – L’emergenza umanitaria aperta dalla guerra in Ucraina sarà un altro banco di prova per l’Europa. Il più importante, dopo i ritardi e le omissioni sulla rotta mediterranea. È già un esodo senza precedenti, quello in atto da Kiev. I numeri parlano di 500mila profughi in viaggio da cinque giorni, le previsioni dicono che almeno un cittadino ucraino su dieci potrebbe decidere di fuggire dal Paese: quattro milioni di persone, potenzialmente, sono pronte a chiedere asilo agli Stati dell’Unione. Ma potrebbero spostarsi addirittura in sette milioni, secondo le autorità internazionali, se non si dovesse trovare a breve una soluzione pacifica.
La situazione più calda resta quella al confine con la Polonia, che ha annunciato porte aperte a chi scappa dal conflitto per bocca del suo premier Mateusz Mo- rawiecki: sarebbero 280mila le persone che hanno già trovato ospitalità da amici e parenti, oltre che nei campi allestiti per l’emergenza. Si viaggia a un ritmo di 100mila passaggi al giorno e anche Moldavia, Romania, Ungheria e Slovacchia sanno di dover affrontare in queste settimane l’impatto maggiore dell’ondata migratoria. Poi c’è il resto del Vecchio continente. La Commissione Ue sta studiando un piano che garantisca per la prima volta l’applicazione della direttiva Ue sulla protezione temporanea dei migranti, ideata proprio per affrontare i casi di afflusso massiccio di sfollati: non dovrebbero esserci quote obbligatorie per la redistribuzione dei rifugiati, ma un sistema di distribuzione su base volontaria. Starà poi ai singoli Stati predisporre l’ospitalità sul territorio. Tutti i governi hanno già fatto intendere di voler ragionare su una logica di solidarietà condivisa, in attesa di capire numeri e tempi dell’impegno umanitario che li attende. Alla prova, inutile dirlo, saranno anche gli esponenti dei partiti sovranisti e identitari: se il blocco di Visegrad sembra aver cambiato orientamento in materia di migranti, dopo le chiusure del passato, ieri a stonare nel coro pressoché unanime di voci a favore dell’accoglienza è stato il candidato di estrema destra all’Eliseo, Eric Zemmour. L’arrivo di rifugiati ucraini? «Rischia di destabilizzare la Francia già sommersa dall’immigrazione – ha detto –. Preferisco che stiano in Polonia».
Anche l’Italia, nel Consiglio dei ministri di ieri, ha dedicato al capitolo rifugiati un’attenzione prioritaria. In concreto, dichiarando lo stato d’emergenza fino al 31 dicembre proprio per l’assistenza ai profughi, saranno 16mila i posti in più per chi arriva dall’Ucraina: 13mila nel sistema dei Centri di accoglienza straordinaria, i Cas, che potranno essere attivati dai prefetti e ulteriori 3mila posti nel sistema Sai, con ospitalità diffusa sul territorio. La vera novità però riguarda il fatto che i cittadini ucraini saranno ospitati «indipendentemente dal fatto che abbiano presentato domanda di protezione internazionale ». L’obiettivo è «assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della grave crisi internazionale in atto. In merito – ha sottolineato l’esecutivo – sono stati stanziati 10 milioni di euro, a carico del Fondo per le emergenze nazionali per consentire di organizzare ed attuare gli interventi più urgenti». La comunità ucraina in Italia è composta da circa 250mila persone, nella stragrande maggioranza perfettamente integrate e con un lavoro, molte delle quali hanno lasciato i familiari nel loro Paese d’origine. È possibile dunque che i primi ad arrivare in Italia saranno i parenti di chi già vive nella penisola. Ieri si è svolto anche un incontro operativo nel quale il capo del Dipartimento Fabrizio Curcio ha fatto il punto della situazione sulle attività di assistenza con le Regioni. Nei prossimi giorni, sotto la regia del Viminale, si compiranno ulteriori passi per garantire la miglior gestione possibile della crisi umanitaria. (Diego Motta – Avvenire)


