Canale della Manica: ultima spiaggia dei disperati

5 Gennaio 2022 – Calais – Sognavano di fare il giro del mondo in bici alla scoperta delle altre culture, al di là di ogni frontiera. Ma alla fine, è restando fermi per ben 38 giorni, dall’11 ottobre al 17 novembre, che hanno compiuto il loro viaggio più importante, alla ricerca di un sentimento chiamato «fratellanza». E non è l’unico bel paradosso della coppia composta dai francesi Anais Vogel e Ludovic Holbein, rispettivamente 35 e 38 anni, capaci di scuotere le coscienze a Calais con uno sciopero della fame di solidarietà verso i migranti. Loro che si dicono non credenti, si sono lasciati catturare dal carisma di un sacerdote dall’impegno di lungo corso, il gesuita 72enne Philippe Demeestère, cappellano della Caritas di Calais, accettando di “protestare” pacificamente nella sagrestia della centralissima chiesa intitolata a san Pietro. Un modo anche per saldare simbolicamente l’impegno delle tante associazioni d’ispirazione cristiana e laiche che si battono da anni contro le condizioni di sopravvivenza drammatiche dei migranti, giunti nell’estremo Nord francese con la speranza di approdare sulle coste britanniche. Quando li abbiamo incontrati, proprio nella sagrestia dell’Eglise Saint-Pierre, qualche giorno prima che cessasse il loro sciopero Sdella fame, Anais e Ludovic recavano sul volto i segni profondi della prova estrema.

Lui, la barba lunga, ma curata. Con padre Philippe, hanno intrapreso il loro primo sciopero della fame in assoluto, sconvolti dalla morte del 20enne Yasser Abdallah, di padre sudanese e madre eritrea, precipitato da un camion il 28 settembre, sullo sfondo delle evacuazioni di accampamenti mai cessate. Anais e Ludovic non cercano di apparire come eroi, definendosi come «due umani in cerca di quella fratellanza negata a chi arriva come esule da contrade in preda a guerre o carestie». Pur confermando la loro distanza dalla pratica religiosa, dicono di credere «In qualcosa di più grande che ci supera».

Con semplicità, ci hanno parlato del primo viaggio italiano che ha schiuso loro l’orizzonte in direzione dell’Africa. Una lunga galoppata in bici da Ventimiglia alla Sicilia. Una sorta di viaggio iniziatico, non solo per assaporare le meraviglie paesaggistiche del Bel Paese. Un viaggio seguito da un altro in Sudafrica, laboratorio estremo di una fratellanza ancora tutta da costruire su una montagna di ferite.

Per loro, «il problema dell’accoglienza potrà essere risolto solo a livello europeo». E in vista delle prossime Presidenziali francesi di aprile, Ludovic teme di finire per disertare le urne, avendo perduto «la fiducia nella politica», anche se non quella nelle capacità di un sussulto popolare: «Non credo che i francesi siano razzisti, ma è divenuto alla moda dimenticare il sentimento di fratellanza, che dovrebbe invece essere uno dei nostri capisaldi. Per coesistere, dobbiamo riscoprire l’umanesimo, non abbiamo scelta». Adesso che lo sciopero della fame è finito, Anais e Ludovic proseguiranno il loro impegno per i migranti in altri modi. «Abbiamo avuto l’energia per batterci durante questi 38 giorni, allora adesso immaginate ciò di cui saremo capaci quando mangeremo», ha dichiarato Anais, molto commossa.

Pur esprimendo «delusione» per la «svolta della fratellanza» sempre attesa a Calais, i due ex globetrotter possono misurare i primi effetti dell’azione accanto a padre Philippe. Le autorità hanno ad esempio accettato il principio di luoghi al chiuso di riparo provvisorio invernale per i migranti rispettivamente adulti e minorenni: un passo in avanti che prima pareva ad alcuni irraggiungibile.

Il tragico naufragio nella Manica dello scorso 24 novembre, nel quale sono morti 27 migranti, ha di nuovo acuito la tensione. Ma come dimostrano pure i tanti messaggi di solidarietà ricevuti da Anais, Ludovic e padre Philippe, lo sciopero ha almeno contribuito a riaccendere la fiamma della speranza: un avamposto d’umanità è sempre possibile, anche in fondo al peggiore incubo. Tutti i loro amici hanno vissuto così feste illuminate da un esempio di umanità semplice, sperando che ciò possa propiziare lo sboccio di un impegno su grande scala per trasformare lo scenario ancora fosco dell’accoglienza in Francia. (Daniele Zappalà – Avvenire)

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