Un’altra doppia strage in mare

22 Dicembre 2021 – Milano – Ancora morti nel Mediterraneo. Almeno 163 persone sono annegate nell’ultimo fine settimana davanti alle coste della Libia nel tentativo di raggiungere l’Italia. L’ennesima tragedia annunciata alle porte della ‘fortezza Europa’. «Da quello che abbiamo saputo, si tratta di due barconi di legno – spiega Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni – in un caso ci sono stati 102 dispersi al largo di Surman, con 8 sopravvissuti di cui sette uomini e una donna. Nell’altro caso, al largo di Sabratha, la guardia costiera libica ha recuperato 61 corpi senza vita. In tutto ci sono 210 sopravvissuti (tra cui 35 donne e 10 bambini) che non abbiamo ancora capito se sono stati recuperati in mare o direttamente dal barcone». Si tratta perlopiù di migranti provenienti dal Mali e dal Senegal e partiti dalle coste di Sabratha. «In tutto sono 1.508 le persone morte nel 2021 lungo la rotta del Mediterraneo centrale, la più pericolosa nel mondo» aggiunge Di Giacomo.

Intanto è sempre più drammatica la situazione in mare. Nell’ultima settimana, dal 12 al 18 dicembre, ci sono stati circa 900 arrivi in Italia e la cosiddetta guardia costiera libica ha intercettato 466 persone in mare e riportate a terra. «Naturalmente questo è un dato (quello dei riportati a terra, ndr) che continua a preoccuparci perché sappiamo che le persone vengono riportate nei centri di detenzione.

Nel 2021, complessivamente sono state intercettate 31.456 persone dai libici rispetto agli 11mila degli anni scorsi – aggiunge Di Giacomo – e quasi 1.500 persone sono morte lungo questa rotta, quella del Mediterraneo centrale, la più pericolosa la mondo».

«C’è un sistema di pattugliamento largamente insufficiente – accusa il portavoce dell’Oim – quando c’è un Sos i migranti devono aspettare ore per il salvataggio quando sappiamo che bastano anche cinque minuti per andare giù».

Naturalmente i numeri snocciolati sono «per difetto». Non ci sono tanti ‘occhi’ a testimoniare e a raccontare quello che succede. Le Ong in mare sono poche. Ma a preoccupare c’è anche la rotta atlantica: quella che parte dal Senegal, dalla Mauritania e dal Marocco per arrivare alle Canarie. «Si parla di oltre 14 ore di navigazione in un mare che non è certo il Mediterraneo – racconta Di Giacomo – e dove solo quest’anno sappiamo che 937 persone hanno perso la vita. Ma è molto probabile che questa cifra in realtà sia da raddoppiare. Le rotte migratorie irregolari continuano ad essere mortali e mortifere. Bisogna iniziare a parlare in modo serio di migrazione regolare. La crisi demografica è un enorme problema che per essere frenato ha anche bisogno, da subito, di una gestione dell’immigrazione diversa, non rivolta a chiudere i confini da supposte e inesistenti invasioni, ma a creare canali migratori regolari».

Anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ieri, è tornato sul tema dei flussi migratori. «È essenziale che l’Unione europea adotti una gestione condivisa, umana e sicura, all’altezza dei nostri valori – ha detto partecipando alla cerimonia di chiusura della XIV Conferenza degli Ambasciatori e delle Ambasciatrici d’Italia nel mondo – Servono corridoi umanitari dai Paesi terzi verso l’Europa che impegnino anche altri Paesi europei, non solo l’Italia. E servono accordi di rimpatrio giusti ed efficaci. Anche in questo, l’Unione europea può svolgere un ruolo di guida».

Intanto ci sono 144 persone a bordo della nave Ong Ocean Viking ancora in attesa di un porto, dopo tre richieste alle autorità marittime. E nelle ultime 24 ore 22 migranti, di nazionalità tunisina, sono giunti a Lampedusa. Tra loro anche 11 donne e 3 minori. Il barchino su cui viaggiavano è stato intercettato a circa 2 miglia a sud dall’isola dagli uomini della Guardia di finanza. (Daniela Fassini – Avvenire)

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