Mons. Gintaras Linas Grušas: nostra responsabilità è aiutare coloro che arrivano alle nostre porte e provvedere ai loro bisogni umani fondamentali.

13 Ottobre 2021 – Roma – “La mia famiglia ha vissuto varie forme di migrazione. Mio padre è stato nei campi profughi durante e dopo la seconda guerra mondiale, ma non potendo tornare a casa dopo la fine del conflitto finì per andare negli Stati Uniti. Mia madre e mia sorella rimasero in Lituania, senza sapere nulla della situazione di mio padre per quasi 12 anni. Alla fine, attraverso i canali diplomatici, riuscirono a riunirsi dopo 17 anni, e mia madre e mia sorella ricevettero il permesso di lasciare l’Unione Sovietica per riunire la famiglia. Il dramma umano e familiare che vivono oggi i rifugiati non è lontano da quello di molte famiglie lituane, poiché molti fuggirono in Occidente durante la guerra, mentre molti altri furono deportati in Siberia”. Lo dice, in una intervista al quotidiano “Avvenire” mons. Gintaras Linas Grušas, arcivescovo di Vilnius, neo  presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). Nato a Washington da profughi lituani (scampati prima al nazismo e poi al comunismo) la famiglia si era poi trasferita in California. Prima di entrare in seminario e all’Università Francescana di Steubenville (contea di Jefferson, Ohio), si è laureato in Matematica e Scienze dell’Informazione alla Ucla di Los Angeles, per lavorare come consulente tecnico all’Ibm. Da sacerdote ha scelto di tornare in Lituania, che con l’80% di battezzati è il Paese baltico con la maggiore presenza di cattolici.

Per il vescovo ora di nuovo il movimento dei rifugiati ha toccato la Lituania, “questa volta con altre persone che giungono ai nostri confini spinti da varie situazioni”. L’arcivescovo di Vilnius evidenzia che gli Stati hanno “la responsabilità di governare le loro frontiere, di assicurare la pace e la sicurezza, di fermare il traffico di esseri umani, che a volte può nascondersi sotto lo sfruttamento della migrazione, ma è nostra responsabilità aiutare i nostri fratelli e sorelle che arrivano alle nostre porte e provvedere ai loro bisogni umani fondamentali. Come l’uomo trovato sul ciglio della strada nel Vangelo, anche noi dobbiamo riconoscere che i migranti sono davvero il nostro prossimo e dobbiamo agire con misericordia e amore per il prossimo”.

 

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