Vangelo Migrante: XXV domenica del Tempo Ordinario – B (Vangelo Mc 9,30-37)

16 Settembre 2021 – La pericope del Vangelo di questa domenica è un atto di insegnamento privato di Gesù ai suoi discepoli. L’evangelista annota che è proprio intenzione di Gesù attraversare la Galilea senza che alcuno lo sapesse.

L’insegnamento ha un contenuto ed è il nucleo di tutto il suo messaggio: l’annuncio della sua passione, morte e Resurrezione. La vera vita non è evitare i problemi, anche terribili, ma è incontrare Dio nei problemi, incontrare la vita piena proprio lì dove sembra che la vita venga tolta. Il cuore che accoglie questo insegnamento, attiva tutta un’altra maniera di intendere e costruire la vita: oltre la morte, oltre il dolore.

I discepoli non capiscono. E non fanno domande. Va delusa l’aspettativa secondo la quale l’allievo che non capisce ponga una qualche domanda al maestro. Niente. Parlano d’altro.

Un atteggiamento molto comune anche alla nostra condizione: per le questioni di fede, spesso si preferisce rimanere sulla soglia, superficiali, senza approfondire. Si preferisce pattinare sulla superficie delle cose, ponendole su forme di devozione immature e trascinandole, mentre il nodo fondamentale della vita resta: la morte, il dolore … I discepoli non vogliono interrogarlo perché hanno paura di varcare quella soglia. Una fede immatura e non adulta impoverisce anche la coscienza.

E allora è Gesù che li interroga: di che cosa stavate discutendo per la strada? Non interrogare lui, vuol dire entrare nella logica umana e appiattirsi. Nell’appiattimento umano parte il gioco che gli uomini sanno fare meglio: competere. Chi è il più grande?

È qui che Gesù prende un bambino, lo pone nel mezzo e, abbracciandolo, dice: “chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.

Ci martella il verbo accogliere. Accogliere è la chiave della fede molto più dell’intraprendenza e della capacità di farsi valere. Molto più anche delle forme di creatività messe a servizio della pastorale o di grandi progetti. Nelle nostre comunità, possiamo fare di tutto ma senza l’accoglienza ogni agire sarà vuoto o inutile perché privo di prospettiva escatologica e di fede!

Per un bambino accogliere è vitale, è linfa. Lui sa dipendere perché, al netto dei capricci e di tutti i limiti che può avere, avverte che è essenziale per crescere.

Gesù attraverso le sue braccia aperte che sanno accogliere, ci indica la chiave della vita nuova. (p. Gaetano Saracino)

 

 

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