3 Settembre 2021 – Bruxelles – L’Inps dovrà versare l’assegno di natalità e di maternità anche ai cittadini di Paesi terzi titolari di permesso unico a prescindere dalla durata della loro permanenza in Italia. È il verdetto della Corte di giustizia Ue, in risposta a una richiesta della Corte costituzionale. Al centro il caso di vari cittadini terzi titolari di permesso unico di soggiorno e lavoro, basato sulla direttiva Ue 2011/98. A loro l’Inps aveva rifiutato il versamento degli assegni, spiegando che le persone in questione non possedevano i requisiti necessari previsti dalla legge 190/2014 e dal decreto 151/2001, e cioè essere titolari di uno status di soggiornanti di lungo periodo (almeno cinque anni). La questione è arrivata nelle aule giudiziarie, finché la Corte suprema di cassazione l’ha sottoposta alla Corte costituzionale. La Consulta, a quel punto, a sua volta si è rivolta alla Corte Ue ritenendo che il divieto di discriminazioni arbitrarie e la tutela della maternità e dell’infanzia (garantite dalla Costituzione italiana), debbano essere interpretati alla luce del diritto comunitario. La risposta dei giudici europei è arrivata: il requisito della residenza di lunga durata viola il diritto Ue. Anzitutto, l’Italia ha rinunciato alla facoltà prevista dalla direttiva di limitare la parità di trattamento dei cittadini terzi. E, si legge in un comunicato della Corte, «l’assegno di natalità e l’assegno di maternità rientrano nei settori della sicurezza sociale per i quali i cittadini di Paesi terzi beneficiano del diritto alla parità di trattamento previsto da detta direttiva». Del resto, dicono ancora i giudici Ue, l’assegno di natalità «viene concesso automaticamente ai nuclei familiari che rispondono a determinati criteri oggettivi definiti ex lege, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali del richiedente». E per la concessione di quello di maternità si guarda solo all’assenza di altre indennità di maternità (ad esempio del datore di lavoro) e alla situazione economica della madre, «senza – sottolinea ancora la Corte – che l’autorità competente possa tener conto di altre circostanze personali». Questo, insomma, deve valere anche i per i cittadini terzi. Quale sarà l’impatto finanziario e pratico, a questo punto, resta ancora tutto da vedere. (Giovanni Maria Del Re – Avvenire)


