Vangelo Migrante: XXII domenica del Tempo Ordinario – B (Vangelo Mc 7,1-8.14-15.21-23)

26 Agosto 2021 –

Dopo alcune settimane, torna il Vangelo di Marco e riparte da una sezione dove si riporta un tentativo di polemica da parte di alcuni farisei e scribi venuti da Gerusalemme.

Interrogano il Maestro indignati perché i suoi discepoli non rispettano le tradizioni: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”. La loro facile inclinazione ad accusare gli altri, rappresenta il tentativo subdolo, patetico e violento di difendere se stessi per non cambiare, per non mettersi in discussione, per non lasciarsi interpellare dal messaggio esigente, radicale e liberante proposto da Gesù.

La risposta di Gesù, ampia e articolata, dura e chiara, si sintetizza in una sola parola: “ipocriti!”. Essi sostituiscono l’osservanza di insignificanti tradizioni umane, all’osservanza del comandamento di Dio.

Per Gesù ciò che trasforma l’uomo non è ciò che entra dalla bocca, ma ciò che entra nel cuore, nella coscienza e determina le sue scelte. L’autentica religiosità si manifesta nell’amore per Dio che porta all’amore del prossimo attraverso l’osservanza dei suoi comandamenti.

Anche per noi il rischio di una religiosità formale e ritualistica è grande. Entrando nel nostro cuore per verificare seriamente che cosa vi sia, impegnandoci ad eliminare ogni intenzione cattiva, sforzandoci a distinguere il bene dal male, potremo renderci conto quanto sia difficile ed impegnativa la costante promozione della vita degli altri, quanto siamo esposti al peccato a motivo della fragilità umana, ma anche quanto sia liberante e gioiosa la ricerca seria del bene.

Le azioni buone nascono da un cuore buono, ma è altrettanto vero che i comportamenti buoni contribuiscono anche a rendere più buono il cuore dell’uomo. Spesso sono le azioni effettivamente compiute che consentono di capire meglio quello che c’è nel cuore, rivelandoci qualche volta migliori e qualche altra volta peggiori di quello che credevamo di essere. (p. Gaetano Saracino)

 

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