Vangelo Migrante: XVII domenica del Tempo Ordinario – B (Vangelo Gv 6,1-15)

23 Luglio 2021 – Per cinque domeniche si interrompe la lettura del Vangelo di Marco ed inizia un’ampia pagina del Vangelo di Giovanni: il racconto della moltiplicazione dei pani a cui segue un lungo discorso di Gesù a Cafarnao.

L’episodio è comune agli altri Vangeli ma quello di Giovanni ha due peculiarità: è un racconto pasquale e, dinanzi al bisogno della folla, Gesù prende l’iniziativa.

L’evangelista dice esplicitamente che “era vicina la Pasqua” e che Gesù ha appena attraversato il mare di Galilea, dati ‘pasquali’ che non possono essere marginalizzati.

Negli altri racconti i discepoli espongono a Gesù la preoccupazione per la situazione: “congeda la folla perché vada nei villaggi vicini a comprarsi da mangiare (Mt 14,15)”. Nel Vangelo di Giovanni tutto parte da Gesù: “egli, infatti, sapeva quello che stava per compiere”. Interroga il discepolo Filippo: “dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” e questi con realismo fa cenno alla pochezza dei mezzi a disposizione: “duecento denari non sono sufficienti”; nel mentre, arriva Andrea che dapprima incalza: “c’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci”; poi ammette: “ma che cos’è questo per tanta gente?”.

È qui che Gesù vuole portare i suoi discepoli: a farli misurare con quello che li supera.

Come per i discepoli, anche per noi la realtà ha dei margini che spesso sovrastano i nostri limiti, non dà vie di uscita; la sperimentiamo continuamente nella nostra finitudine. In essa echeggiano i nostri fallimenti, ci accerchiano dinamiche insoddisfacenti. E presto arriva la resa, quella che i latini giustificavano con il detto: ‘ad impossibilia nemo tenetur’ (nessuno è tenuto a fare l’impossibile).

Proprio questo è il punto: avere a che fare con Gesù è qualcosa che supera l’ordinario; non è innanzitutto mettere in ordine una serie di norme, precetti morali, alti e saggi insegnamenti. Avere a che fare con Gesù vuol dire avere la consapevolezza che Lui stesso non è un evento ordinario ma straordinario: lo è l’Incarnazione e lo è la Sua Resurrezione. Per questo, la Chiesa, che ha come primo compito l’annuncio della Resurrezione, non può essere il luogo del possibile e dell’ordinario ma il luogo dello straordinario di Dio. Il discepolo fonda la loro vita su di Lui.

Il racconto parla di quello che dalle mani di un ragazzo passa nelle mani di Cristo … Quando le ‘cose’ sono nelle nostre mani, sono poche e piccole quanto noi, e sono deludenti; quando le passiamo nelle mani di Dio, attraverso le mani Gesù: compaiono soluzioni, si vede come il poco diventa molto e come la scarsezza diventa abbondanza.

Non è magia. È l’Opera di Dio. Ce n’è per tutti e ne avanza! (p. Gaetano SARACINO)

 

 

 

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