Vulnerabilità e irregolarità: la storia di Coulibaly, “ingabbiato” tra le carte

13 Luglio 2021 – Roma – Coulibaly è arrivato in Italia nel 2017. È partito dalla Costa d’Avorio lasciando la sua famiglia e tutti i suoi affetti con la speranza di una vita migliore nel nostro Paese e con l’obiettivo di studiare per diventare capo cantiere.

Per un periodo però ha fatto parte di quella folta schiera di braccianti agricoli che lavorano nei campi per qualche spicciolo.

Un lavoro difficile che si trovano a fare tanti giovani migranti che arrivano sulle nostre coste e sul quale, pochi giorni fa, si sono riaccesi i riflettori dopo la morte di Camara Fantamadi giovane del Mali accasciatosi a terra mentre tornava a casa dopo una giornata sfiancante nei campi.

Le condizioni di lavoro a cui sono sottoposti infatti sono molto dure e la paga non compensa gli sforzi. I più fortunati prendono sei euro l’ora, combattendo tutto il giorno contro il sole cocente e il sudore. La coperta delle tutele e dei diritti è molto corta e i turni sono infiniti.

Un sacrificio reso sopportabile solo dalla necessità di avere qualche soldo per andare avanti e mandare quei pochi che avanzano – se avanzano – alla famiglia.

Lo sa bene Coulibaly che ha lavorato raccogliendo kiwi a Latina.

Non era ciò che si era immaginato venendo nel nostro paese. Non era venuto in Italia per questo, ma non vi erano altre vie.

Senza una posizione legale corretta infatti i ragazzi che arrivano non possono ambire ad un lavoro regolare. Per loro rimane così solo il lavoro nero, unica soluzione per sopravvivere, anche se questo vuol dire lasciarsi sfruttare.

La mancanza di informazioni è uno dei principali problemi. Chi parte non sa a cosa va incontro, i documenti necessari per vivere in Europa o per lavorare nel nostro paese, ritrovandosi in un limbo, ai margini della società, dal quale è difficile uscire.

Una situazione drammatica a cui Sophia Impresa Sociale, cooperativa da anni attiva nel sostegno ai migranti in difficoltà, ha voluto dare una risposta concreta.

Grazie ad uno dei numerosi progetti di formazione ai mestieri artigianali, Koulibaly ha potuto apprendere le basi per diventare un muratore e imparare la lingua italiana, riuscendo ad ottenere anche la certificazione A2 di italiano.

Con le competenze acquisite con il progetto Koulibaly ha trovato un lavoro con il quale adesso riesce a sostenersi. “La vicenda di Camara Fantamadi deve essere un monito. Molti dei ragazzi che abbiamo accompagnato ci hanno raccontato di aver vissuto, come Coulibaly, una situazione simile di sfruttamento e di degrado” spiega Giuseppe Alfonsi, che ha formato più di 100 giovani ai mestieri artigianali in Sophia: “per questo nei percorsi che creiamo con ciascuno di loro offriamo oltre alla formazione pratica anche sostegno legale e linguistico, per permettergli di mettersi in regola, di integrarsi e di cominciare a vivere in maniera dignitosa nel nostro paese”. (A.C.)

 

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