Migrantes: il racconto di un viaggio in Niger “frontiera della di-speranza”

31 Marzo 2021 – Roma – «Il racconto di un ministro degli Interni, l’ardore di un vescovo che si batte con coraggio, le grida di alcune madri in una lingua per noi incomprensibile, ma eloquente nelle espressioni del corpo e del volto, spiegano e convincono sulla verità di quelle parole. Sono le tante vite lacerate che abbiamo incontrato, tra le quali molti fuggono dalla guerra, da persecuzioni, da catastrofi naturali, altri, con pieno diritto, sono alla ricerca di opportunità per sé e per la propria famiglia, perché sognano un futuro migliore e desiderano creare le condizioni perché si realizzi». È quanto scrive il vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Antonino Raspanti, introducendo il volume “Niger. Frontiera della di-speranza” pubblicato in questi giorni dalla Fondazione Migrantes dopo il viaggio di una delegazione dell’Organismo pastorale della CEI nel paese africano.  Il viaggio si è svolto tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio scorso: insieme a mons. Raspanti, mons. Marco Prastaro, vescovo di Asti e delegato Migrantes della Conferenza Episcopale del Piemonte e Valle d’Aosta, il direttore generale della Migrantes, don Giovanni De Robertis, Mariacristina Molfetta dell’Ufficio Ricerca e due giornalisti.

Per mons. Raspanti quando incontri questi «“migranti” (sostantivo generico e impersonale) in un campo profughi, bloccati da anni, con nulla più alle spalle e il muro avanti a sé, comprendi il grido, spesso scomposto, del loro dolore. Questo, probabilmente, è il vero vantaggio che traggo dal viaggio – scrive – per quanto avessi sentito raccontare dalla viva voce dei migranti», approdati in Sicilia dei «lunghi e strazianti viaggi, pieni di torture e di ruberie, di sogni e di morte». È stata – ha sottolineato il direttore generale della Migrantes – una visita alla piccola comunità cristiana presente in quel Paese: i cattolici sono appena 35mila, di cui circa 5mila nigerini e il resto sub-sahariani, su una popolazione di oltre 23 milioni di abitanti e un territorio circa cinque volte l’Italia. È stato scelto il Niger – sottolinea don De Robertis – perché questo Paese è «diventato il punto di passaggio obbligato per tutti i subsahariani che vogliono arrivare in Libia e poi in Europa. Perché qui, nel campo di Hamdallaye nel deserto a circa 30 chilometri da Niamey, si trovano quei minori soli che le Nazioni Unite hanno salvato dai campi di detenzione libici, insieme ad altre centinaia di persone, e che noi speriamo possano arrivare presto in Italia per motivi di studio e ricominciare a vivere». Si tratta di un progetto di INTERSOS, che ha già trovato a Torino le scuole e le famiglie affidatarie disposte ad accoglierli e che la Chiesa italiana ha finanziato attraverso la campagna “Liberi di partire, liberi di restare”.

Mons. Pastaro racconta che mentre ascoltava le loro storie gli sono «tornate in mente alcune immagini che ritraggono la discesa di Gesù agli inferi. Mi pareva di vedere il Signore chinato sulla porta degli inferi, quasi una botola nel terreno, che con la sua mano “tira fuori” ad uno ad uno gli innocenti caduti negli inferi. Così mi parevano queste persone: tirate fuori ad una ad una, tirate fuori dall’inferno delle guerre, delle violenze, delle ingiustizie e delle discriminazioni che hanno patito nei loro Paesi. Ma anche tirate fuori da quell’abisso di male e crudeltà che si sono rivelati i centri di detenzione della Libia. Persone torturate, schiavizzate, violentate, fatte oggetto di folle crudeltà. Tutto questo, per estorcere ulteriore denaro a chi non ne ha, è debole e non può difendersi. La crudeltà disumana di cui sono stati oggetto – sottolinea il vescovo di Asti – inquieta profondamente e sentirla narrare dalle vittime, fra lacrime e singhiozzi, è stato entrare nel terribile abisso del male. Ora sono lì, in salvo, nell’area attorno all’ingresso dell’inferno. Lì in attesa di poter riprendere una vita in cui le aspirazioni, quelle semplici, di normalità, possano intravvedere vie di realizzazione».  (R. Iaria)

 

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