17 Marzo 2021 –
Santiago del Cile – Un appello ai governi cileno e boliviano affinché la risposta alla migrazione forzata venga da «politiche pubbliche basate sul rispetto dei diritti umani, la libertà di movimento e la protezione internazionale», per affermare il principio di una società sensibile e pienamente solidale. È quello rivolto in una lettera dalle Caritas dei due paesi e da Fondazione Scalabrini, Istituto cattolico cileno della migrazione (Incami) e World Visión Arica, al fine di sollecitare – rferisce l’Osservatore Romano – una risposta urgente alla crisi migratoria sempre più drammatica alla frontiera tra Cile e Bolivia. «La migrazione, causata da violenza, povertà, intolleranza, abuso di potere e mancanza di giustizia — è scritto nel testo — ha aperto una ferita profonda nella regione latinoamericana. Migliaia di uomini e donne sono spinti a fuggire dai loro paesi e dalle loro case in cerca di una vita dignitosa». Insieme a essi, giovani e bambini percorrono strade pericolose e clandestine, con la paura costante di essere arrestati, di diventare vittime di trafficanti o di perdere la vita, scrivono i firmatari. Fame, incertezza e disperazione, accentuate ancor di più per effetto della pandemia, sono i loro compagni di viaggio. «Da anni — aggiungono le organizzazioni coinvolte — abbiamo visto e accompagnato i volti della migrazione forzata. Anche in queste ultime settimane, vista la situazione dei fratelli migranti al confine che condividiamo tra Cile e Bolivia, abbiamo cercato di aiutare a sensibilizzare su questa realtà», affinché «non diventino fenomeni naturali la violenza, la xenofobia, l’esclusione, lo sfruttamento lavorativo, la tratta, il contrabbando o le morti anonime». Dopo aver ricordato che l’i n d i f f e re n z a non è e non deve essere una scelta del cristiano, le istituzioni ecclesiali pro-migranti impegnate alla frontiera fanno appello agli esecutivi interpellati affinché sia data una pronta risposta alla migrazione forzata attraverso interventi statali adeguati, sottolineando comunque la necessità di «promuovere e rafforzare le politiche pubbliche volte a rispondere alle esigenze delle popolazioni vulnerabili nei Paesi ospitanti, in modo da raggiungere nel nostro continente condizioni di benessere, giustizia sociale, rispetto e promozione dei diritti di tutti i suoi abitanti». A conclusione dell’appello viene inoltre espresso l’auspicio che i governi aprano i loro confini a quanti «cercano di vivere in pace, riunire le famiglie e avere una speranza di vita», senza dimenticare mai la vicinanza delle istituzioni ecclesiali e non ecclesiali, sempre valide alleate, al fine di «promuovere soluzioni sostenibili, solidali e dignitose» per combattere una criticità che va fermata a ogni costo.


