10 Dicembre 2020 – In questa domenica irrompe la figura di Giovanni il battezzatore, figlio di un sacerdote. Egli ha lasciato il tempio e il ruolo, è tornato al Giordano e al deserto, là dove tutto ha avuto inizio, e il popolo lo segue alla ricerca di un nuovo inizio, di una identità perduta.
Ed è proprio su questo che i sacerdoti e i leviti di Gerusalemme lo interrogano, incalzandolo per ben sei volte: Chi sei? Chi sei? Sei Elia? Sei il profeta? Chi sei? Cosa dici di te stesso?
Le risposte di Giovanni sono sapienti e straordinarie allo stesso tempo.
Noi, per dire chi siamo e per definirci siamo soliti aggiungere, elencare informazioni, titoli di studio, notizie, realizzazioni. Giovanni il Battista fa esattamente il contrario; si definisce per sottrazione, e per tre volte risponde: io non sono il Cristo, non sono Elia, io non sono…
Giovanni lascia cadere, ad una ad una, quelle identità, prestigiose ma fittizie, per ritornare a ciò che arde per davvero nella sua vita. E lo ritrova per sottrazione, per spoliazione: “io sono voce che grida”.
Lui è solo voce, la Parola è un Altro. Il suo segreto è oltre se stesso. Lui è uno che ha Dio nella voce, è un figlio di Adamo che ha Dio nel respiro. Lo specifico della sua identità, quello che qualifica la sua persona, è quella parte di divino che sempre compone l’umano.
Quel “tu, chi sei?”, oggi è rivolto anche a noi, come domanda decisiva. La risposta consiste nello sfrondare la nostra identità da apparenze e illusioni, da maschere e paure. Nel meno c’è il più. Poco importa quello che abbiamo accumulato, conta quello che abbiamo lasciato cadere per tornare all’essenziale, ad essere un tutt’uno-con-Dio.
Una unità che crede in un Dio dal cuore di luce, che crede nel sole che sorge e non nella notte che perdura sul mondo. Crede che una goccia di luce è nascosta nel cuore vivo di tutte le cose.
Fare un passo indietro non significa scomparire ma servire perché quella luce raggiunga i cuori e il reale. (p. Gaetano Saracino)


