Carità fraterna

26 Ottobre 2020 –

Città del Vaticano – Ancora una volta il Vangelo ci propone una nuova discussione fra Gesù e i suoi oppositori. In questo caso i farisei ai quali era giunta la notizia di “come aveva chiuso la bocca ai sadducei”, come leggiamo in Matteo. È proprio un fariseo, un dottore della legge a porre una domanda insidiosa, alla quale riceve una risposta assolutamente semplice e, nello stesso tempo, impegnativa, perché da quella risposta, da quei due comandamenti che Gesù propone ai farisei “dipendono tutta la legge e tutti i profeti”, come leggiamo nel primo Vangelo. La scena si svolge sempre a Gerusalemme e Gesù è nuovamente messo alla prova, dopo aver già risposto alla domanda sul tributo da pagare a Cesare. E i sadducei – che davano peso solo alla parola scritta che veniva da Dio e negavano, al contrario dei farisei, la resurrezione e l’esistenza degli angeli – lo avevano interrogato proprio sulla resurrezione, ottenendo una risposta che aveva “stupito la folla presente”, scrive Matteo.
Ecco, allora, la domanda: “Maestro, nella legge, qual è il grande comandamento?” Gesù con assoluta semplicità dice: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento”. Poi ecco un secondo che “è simile” scrive Matteo: “amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Parlando all’Angelus, nel giorno in cui annuncia, per il 28 novembre prossimo, un Concistoro per la nomina di tredici cardinali, papa Francesco sottolinea che nella sua risposta, Gesù “riprende e unisce due precetti fondamentali, che Dio ha dato al suo popolo mediante Mosè”. Così supera il trabocchetto che gli è stato teso, e non entra nella disputa tra gli esperti della Legge sulla gerarchia delle prescrizioni, rendendo chiaro cosa sia centrale, essenziale e irrinunciabile nella vita di fede. Diceva Benedetto XVI, il 23 ottobre 2011: “dichiarando che il secondo comandamento è simile al primo, Gesù lascia intendere che la carità verso il prossimo è importante quanto l’amore a Dio. Infatti, il segno visibile che il cristiano può mostrare per testimoniare al mondo l’amore di Dio è l’amore dei fratelli”. L’originalità della risposta di Gesù sta proprio nell’accostare i due comandamenti, ricorda Francesco, così da stabilire “due cardini essenziali per i credenti di tutti i tempi, due cardini essenziali della nostra vita. Il primo è che la vita morale e religiosa non può ridursi a un’obbedienza ansiosa e forzata”, e “deve avere come principio l’amore. Il secondo cardine è che l’amore deve tendere insieme e inseparabilmente verso Dio e verso il prossimo”. La prima lettura, tratta dall’Esodo, ci aiuta a rendere ancora più forte questo legame tra l’amore a Dio e al prossimo. Nell’incipit, infatti, leggiamo: “non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto”. Come dire, il forestiero da non molestare è il forestiero che un tempo “voi siete stati”. È qui la motivazione dell’agire verso il prossimo: va accolto e amato perché è come te stesso.
Gesù non si ferma qui, e dice: “da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”. Ciò significa, commenta papa Francesco, che “tutti i precetti che il Signore ha dato al suo popolo devono essere messi in rapporto con l’amore di Dio e del prossimo. Infatti, tutti i comandamenti servono ad attuare, ad esprimere quel duplice indivisibile amore. L’amore per Dio si esprime soprattutto nella preghiera, in particolare nell’adorazione”. L’amore per il prossimo, “si chiama anche carità fraterna”, afferma il vescovo di Roma; “è fatto di vicinanza, di ascolto, di condivisione, di cura per l’altro. E tante volte noi tralasciamo di ascoltare l’altro perché è noioso o perché mi toglie del tempo, o di portarlo, accompagnarlo nei suoi dolori, nelle sue prove […] Non abbiamo tempo per consolare gli afflitti, ma tanto tempo per chiacchierare”. San Giovanni ci ricorda: “chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”. Così, dice il Papa, “finché ci sarà un fratello o una sorella a cui chiudiamo il nostro cuore, saremo ancora lontani dall’essere discepoli come Gesù ci chiede. Ma la sua divina misericordia non ci permette di scoraggiarci, anzi ci chiama a ricominciare ogni giorno per vivere coerentemente il Vangelo”. (Fabio Zavattaro)

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