28 Luglio 2020 –
Roma – “L’amministrazione comunale comunica ai signori ospiti che sono in atto le procedure di chiusura definitiva della tendopoli […]. I signori ospiti sono pertanto invitati ad individuare una nuova e diversa soluzione abitativa”. Così, con un volantino diffuso il 24 luglio tra i braccianti agricoli ancora presenti, il Comune di San Ferdinando, nella Piana di Gioia Tauro, ha comunicato la prossima operazione di smantellamento della tendopoli ministeriale nata per accogliere i lavoratori agricoli sfruttati nelle campagne. Medici per i diritti umani (Medu), Mediterranean Hope – programma migranti e rifugiati della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), Sos Rosarno chiedono quali “alternative abitative sono previste per queste persone che inevitabilmente torneranno a riversarsi sul territorio nella prossima stagione di raccolta agrumicola, come accade da oltre dieci anni”. “Un ennesimo trasferimento presso i centri di prima e seconda accoglienza, già tentato all’indomani dello sgombero di marzo e dimostratosi del tutto fallimentare – sottolineano in una nota ripresa oggi dal Sir -, rappresenterebbe un’ennesima occasione persa e un inutile costo per la collettività”. Le associazioni chiedono “che vengano indicate le misure che le istituzioni intendono mettere in atto per contrastare con forza lo sfruttamento e per promuovere finalmente condizioni di vita e di lavoro dignitose per i braccianti stranieri e per gli abitanti della Piana”.
Allestita nel marzo 2019, la tendopoli ha ospitato ufficialmente, nei mesi di picco della raccolta agrumicola, oltre 400 braccianti al giorno (ma le presenze reali raggiungevano anche le 1.000 persone) in condizioni igienico-sanitarie precarie e, durante i mesi dell’emergenza sanitaria da Covid-19, senza iniziative istituzionali di prevenzione e screening. Secondo un recente rapporto pubblicato da Medu i lavoratori stagionali della Piana sono giovani uomini con un’età media di 30 anni e nel 90% dei casi con un regolare permesso di soggiorno. I due terzi dei braccianti assistiti nel 2019 hanno un contratto di lavoro ma solo uno su dieci riceve una regolare busta paga. La paga giornaliera si aggira tra i 25 e i 35 euro e quasi tutti si vedono riconosciuti i contributi per un numero di giornate inferiore rispetto a quelle svolte.