Vangelo Migrante: V domenica di Pasqua (Vangelo Gv 14,1-12)

7 Maggio 2020 –

Domenica scorsa con Gesù parlava di sé stesso come di una ‘porta’. Un luogo da attraversare necessariamente per entrare e per uscire dalla sicurezza dell’ovile alla libertà del pascolo e viceversa. Questa intimità oggi, oltre ad essere confermata, viene anche riempita di senso, grazie alle domande di due discepoli: Tommaso e Filippo, particolarmente ‘turbati’ dal distacco che sta per avvenire con il maestro.

A Tommaso che chiede: ‘Signore non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?’, Gesù risponde ancora dicendo che Lui è la Via, la Verità la Vita.

Lui è il TUTTO di cui tutto l’uomo ha bisogno. Ancor prima dei contenuti in cui credere, tutti gli uomini, nessuno escluso, hanno a che fare con turbamenti esistenziali su sé stessi e sulla vita, e dalle risposte che danno dipende l’impostazione di tutta la vita e il suo compimento. E nella vita si vede, eccome, chi ha ‘risolto’ questi lacci e chi no!

Gesù non si pone solo come consolatore ma indica la strada per cambiare, l’atteggiamento interiore per conseguire una pace: è Lui la verità che libera dalla schiavitù del peccato; è Lui la vita che rende gioiosa e significativa l’esistenza! Ancor prima delle cose da farsi da parte dei discepoli.

Semplifica ma non ‘banalizza’ il turbamento. A Filippo che incalza chiedendo: ‘allora mostraci il Padre e ci basta’, ossia, facci vedere l’Eterno di cui ci parli e siamo tranquilli, Gesù presenta ancora sé stesso come un tutt’uno con il Padre: ‘chi ha visto me, ha visto il Padre’.

Nell’uno e nell’altro caso Gesù non dà ‘lezioni’ o ‘cose da eseguire’ ma presenta il vivere in comunione profonda di amore e di vita con Lui, come la Via da percorrere per avere la vita vera.

Di turbamenti siamo pieni anche noi: la vita di ognuno comporta questioni, croniche e nuove, da affrontare ogni giorno e da risolvere, quelle dove spesso ogni speranza sembra crollare e non si sa più dove sbattere la testa.

È vero, esistono consigli, strumenti e mezzi umani per barcamenarsi ma il discepolo sa che solo una fede più chiara e più grande consente di essere consolati, di vincere il profondo turbamento interiore e ritrovare la serenità senza giungere alla disperazione.

È la fede che riconosce nelle sofferenze e nelle croci che la vita riserva, non la definitiva smentita delle promesse di Dio ma il tempo difficile e impegnativo della prova che rende salda e vera la fede, dove la presenza di Gesù è l’unica Via che conduce oltre l’angustia del presente, trattenendo tutto ciò che nel presente è prezioso.

p. Gaetano Saracino

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