7 Marzo 2020 – Milano – In occasione della Festa della Donna l’Ismu fornisce alcune dati sulla presenza delle donne tra gli immigrati in Italia. Sulla base dei dati Istat, al 1° gennaio 2020 sono due milioni e 235mila le donne adulte straniere regolarmente residenti in Italia, contro poco più di due milioni e 46mila uomini. Secondo le ultime stime ISMU al 1° gennaio 2020, le donne, quindi, rappresentano il 52,4% degli adulti immigrati. Solo se si analizza invece la popolazione minorenne straniera a prevalere è la componente maschile (51,9% del totale, mentre le femmine, tra i minorenni, rappresentano il 48,1%).
È interessante notare che tra il 1984 e il 2005, la popolazione immigrata era per la maggior parte costituita da presenze maschili. Al 1° gennaio 1991, ad esempio, si potevano stimare in Italia 475mila stranieri maschi, contro solamente circa 330mila femmine, in rapporto quasi di tre a due. Poi, a partire da 15 anni fa, la componente femminile ha cominciato ad acquisire un peso sempre maggiore dovuto sia all’aumento dei ricongiungimenti familiari (per lo più femminili), sia all’allargamento ad Est dell’area di libera circolazione europea, che ha comportato l’incremento di nuovi flussi esteuropei (soprattutto, anche se non solo, di assistenti domiciliari e “badanti”). ISMU calcola infatti che dal 1° gennaio 2005 al 1° gennaio 2020 il numero di donne immigrate ha registrato un aumento del 141% (contro un incremento degli uomini del 112%).
L’ Ismu stima che al 1° gennaio 2020 le donne immigrate provengano prevalentemente (nell’ordine) da Romania, Albania e Marocco, seguiti da Ucraina, Cina, Filippine, Moldova, India, Polonia, Perù, Sri Lanka, Nigeria, Egitto, Ecuador e Bangladesh. Secondo ISMU, a inizio 2020 il collettivo che presenta la più alta percentuale di presenza femminile è quello ucraino (77,3%), seguito dal polacco (74,1%), moldovo (66,1%) e bulgaro (62,6%). Più sbilanciati al maschile sono invece tutti i gruppi nazionali asiatici o africani formati da srilankesi, marocchini, indiani, nigeriani, tunisini, egiziani e soprattutto pakistani, bangladeshi e senegalesi. Tra questi ultimi tre le incidenze femminili raggiungono solo rispettivamente il 30,4%, il 28,1% e il 25,4%.


