Istat: in calo le iscrizioni anagrafiche dall’estero

16 Dicembre 2019 – Roma – Le iscrizioni anagrafiche dall’estero registrate nel corso del 2018 ammontano a 332.324, in calo del 3,2% rispetto all’anno precedente; di queste, 286 mila riguardano cittadini stranieri (86% del totale). A livello nazionale il tasso di immigratorietà è pari a 4,7 immigrati stranieri ogni 1.000 abitanti. E’ quanto emerge oggi da un Report dell’Istat sulla popolazione residente in Italia.

L’andamento dei flussi migratori in ingresso nell’ultimo decennio, dice l’sitituto di statistica italiano,  per macro-aree di provenienza evidenzia un calo generale delle immigrazioni per tutti i paesi esteri: dopo l’incremento dovuto alle regolarizzazioni e all’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Unione europea osservato nei primi anni Duemila, i trasferimenti dall’estero hanno avuto un lento declino. Dal 2015 al 2017 le immigrazioni sono tornate ad aumentare per via dei flussi numerosi provenienti dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, caratterizzati prevalentemente da cittadini in cerca di accoglienza per asilo e protezione umanitaria.  Nel 2018, questi ingressi hanno subito una battuta d’arresto.

Nel 2018 le iscrizioni anagrafiche dall’estero più numerose provengono, in valore assoluto, da paesi europei: la Romania con 37 mila ingressi (11% del totale) si conferma il principale paese di origine seppur in deciso calo (-10% rispetto al 2017). Meno numerosi i flussi provenienti dall’Albania (oltre 18 mila) ma in forte aumento rispetto all’anno precedente (+16%). Seguono le iscrizioni da Ucraina (8 mila, -2%), Germania (oltre 7 mila, +9%) e Regno Unito (poco meno di 7 mila, +12%). Per gli ultimi due flussi si tratta prevalentemente di cittadini italiani che fanno rientro in patria dopo un soggiorno all’estero.

Sempre consistenti, ma nettamente in diminuzione, le immigrazioni provenienti dal continente africano, in particolare quelle provenienti da Nigeria (18 mila, -24%), Senegal (9 mila, -20 %), Gambia (6 mila, -30%), Costa d’Avorio (5 mila, -27%) e Ghana (5 mila, -25%) che durante il 2017 avevano fatto registrare aumenti record. Il Marocco è l’unico paese africano che segna una variazione positiva rispetto all’anno precedente (17 mila, +9%).

Tra i flussi provenienti dall’area asiatica, i più cospicui sono quelli da Bangladesh e Pakistan (entrambi 13 mila, ma in calo rispettivamente di 8% e 12%), le immigrazioni dall’India invece ammontano a oltre 11 mila e aumentano del 42% rispetto al 2017. In aumento anche le iscrizioni dall’America: dal Brasile si contano circa 24 mila iscritti (+18%), dal Venezuela circa 6 mila (+43%) e dagli Stati Uniti oltre 4 mila (+16%).

Le immigrazioni di cittadini italiani ammontano a 47 mila nel 2018 (14% del totale iscritti dall’estero). Si tratta di flussi provenienti in larga parte da paesi che sono stati in passato mete di emigrazione italiana. Ai primi posti della graduatoria per provenienza si trovano, infatti, Brasile e Germania (che insieme originano complessivamente un quarto dei flussi di immigrazione italiana), Regno Unito (10% sul totale immigrati italiani), Svizzera (9%) e Venezuela (7%). Per alcuni di essi è plausibile l’ipotesi del rientro in patria dopo un periodo di permanenza all’estero.

La destinazione dei migranti nel Paese di accoglienza è subordinata a diversi fattori e strettamente connessa al motivo dell’ingresso nel nostro Paese; l’offerta di lavoro, la qualità della vita, le componenti legate alla presenza di reti di comunità o familiari che favoriscono i ricongiungimenti sono tra i fattori più importanti quando si tratta di flussi di immigrazione connessi a un progetto migratorio, evidenzia l’Istat. Anche la posizione geografica della regione o della provincia di insediamento può condizionare la scelta. Ad esempio, una regione di confine può essere più facilmente meta di trasferimenti da Stati limitrofi, così come le province in cui sono presenti centri di accoglienza per i richiedenti asilo e protezione umanitaria sono state interessate dai flussi migratori dell’emergenza più di altre.

Nel 2018 la principale regione di destinazione delle iscrizioni dall’estero è, in termini assoluti, la Lombardia che, da sola, accoglie il 20% dei flussi. Seguono, a grande distanza, Veneto e Lazio (entrambe 10%), Emilia-Romagna (9%), Toscana e Piemonte (entrambe 7%). Alcune regioni del Mezzogiorno risultano attrattive, almeno per quanto riguarda la prima residenza sul territorio: Campania, Sicilia, Puglia e Calabria ricevono complessivamente il 20% dei flussi. In termini relativi, i tassi di immigratorietà più elevati si registrano in Molise, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia- Romagna e Lombardia (7 immigrati ogni 1.000 residenti). I tassi più bassi, invece, si hanno in Puglia e Sardegna (3 per 1.000).

Il confronto dei tassi di immigratorietà regionali a dieci anni di distanza denota una dinamica in netto calo per quasi tutte le regioni del Centro-nord a eccezione della provincia autonoma di Bolzano, per la quale si registra una situazione stabile. Per molte regioni del Centro-sud, invece, la dinamica è inversa: la presenza sul territorio dei centri per la prima accoglienza ha favorito l’aumento delle iscrizioni anagrafiche dall’estero.

A livello provinciale, i tassi di immigratorietà più elevati si rilevano nelle province di Gorizia (10 per 1.000), Imperia, Prato, Crotone, Mantova e Isernia (tutte con un tasso pari al 9 per 1.000); quasi tutte le città metropolitane del Centro-nord (a eccezione di Torino, con un tasso pari al 4,6 per 1.000) hanno un tasso di immigratorietà superiore alla media Italia (5,5 per 1.000). Tra i più alti, quelli di Venezia e Milano (entrambe 7,1 per 1.000). Viceversa, le città metropolitane del Centro-sud riportano tassi inferiori alla media nazionale, a eccezione di Reggio di Calabria (5,9 per 1.000). Tra i tassi più bassi quelli di Napoli e Palermo con, rispettivamente, 2,8 e 2,6 immigrati dall’estero per 1.000 residenti.

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