Comunità cristiane e fratelli immigrati

19 Novembre 2019 – Bologna – Uscire dagli stereotipi, liberarsi dalla tentazione di ridurre volti, storie, potenzialità, dignità di persone a etichette e colmare la marcata distanza tra la realtà della migrazione e la sua rappresentazione mediatica e culturale, che condiziona pesantemente non solo la politica, ma anche la vita pastorale e sociale.

Questi alcuni degli obiettivi che gli Uffici pastorali della Curia diocesana di Bologna si sono dati in una mattinata seminariale attorno ai dati dell’ultimo Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana  Fondazione Migrantes, venerdì scorso alla presenza dell’arcivescovo, il card. Matteo Zuppi. L’immigrazione è fenomeno che riguarda trasversalmente tutta l’attività della Chiesa, non solo caritativa: dalla famiglia al lavoro, dalla scuola alla liturgia, dalla salute alla catechesi, dalla pastorale giovanile fino alla terza età.

Il rapporto, presentato da Simone Varisco di Migrantes, si conferma uno strumento irrinunciabile non solo per gli operatori pastorali, ma anche per scuole, università e istituzioni, presso le quali si moltiplicano le presentazioni. Il primo e più evidente dato è che, a fronte di una crescita complessiva del fenomeno migratorio nel mondo (l’ultima stima parla di 257,7 milioni di persone), l’Italia sta segnando un rallentamento progressivo degli indici di immigrazione; e il corridoio del Mediterraneo che collega Africa a Europa passando per l’Italia rappresenta ormai un dettaglio nei confronti di altri corridoi decisamente più battuti. Un dato ignorato dai più è infatti che le grandi vie della migrazione sono quelle intra–asiatiche (63,3 milioni), intra-europee (41), panamericane (26,4) e intra-africane (19,4).

Guardando poi a ciò che succede in Europa, è sorprendente vedere che i Paesi che hanno un nettissimo aumento del fenomeno sono Romania, Spagna, Malta e Ungheria, mentre sono in «recessione migratoria» Austria, Svezia, Germania, Grecia e Francia. Anche i vari ambiti della Pastorale ecclesiale sono quindi chiamati ad uscire dal falso binomio migrante–profugo, che non rende giustizia a una realtà complessa e ricca di implicazioni, con tante ombre e tantissime luci. Altro dato significativo è che le richieste di aiuto pervenute alla Caritas (dati 2017) riguardano gli stranieri solo per il 57,8% e che – ecco la sorpresa – nelle regioni meridionali, i bisognosi assistiti dalla Chiesa sono al 68% italiani, con punte dell’80% in Sicilia. Cosa ci dicono questi numeri? Che i 5.255.503 cittadini stranieri residenti in Italia (8,7% della popolazione) condividono ormai pienamente la nostra vita, con le sue opportunità e le sue problematiche e che a fronte di una retribuzione media molto più bassa di uno straniero rispetto a un italiano, aumentano costantemente le imprese avviate da cittadini stranieri, che contribuiscono al benessere nazionale. Solo un ultimo dato: gli alunni senza cittadinanza italiana nella scuola sono il 9.7%, ma di questi il 63,1% sono nati in Italia, cioè parlano italiano, spesso con inflessioni dialettali, e condividono in tutto e per tutto il percorso educativo e formativo dei ragazzi italiani. Il vero dato sul quale è urgente intervenire è quello di periferie metropolitane nelle quali si concentrano situazioni di fragilità e potenziale conflitto. In tutto ciò, la Chiesa è interpellata anche e soprattutto nella sua  missione di evangelizzazione. Se è vero che la maggior parte degli immigrati sono cristiani, come cambia il volto delle nostre comunità e delle nostre aggregazioni laicali? In che misura questi fratelli sono coinvolti nella nostra attività pastorale, negli organismi di partecipazione, nelle nostre

esperienze associative e spirituali? (Andrea Caniato – direttore Ufficio regionale Migrantes Emilia Romagna

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