29 Agosto 2019 – Torino – Gli ultimi 370 profughi che occupavano l’ex villaggio olimpico Moi lo scorso 30 luglio sono stati allontanati senza alcun disordine e ricollocati in strutture messe a disposizione dalle istituzioni locali, attraverso il privato sociale, e dalla Diocesi di Torino. Alcuni sono stati inseriti nei progetti Sprar e accolti, attraverso la Croce Rossa, presso i centri di Settimo Torinese e Castel d’Annone in provincia di Asti.
Grazie al progetto «Migranti, un’opportunità di inclusione» messo a punto dal Comune e dal Ministero dell’Interno in sinergia con la Prefettura, la Regione Piemonte, la Compagnia di San Paolo e la Diocesi di Torino sono tornate libere anche le ultime due delle quattro palazzine del villaggio occupato. Il primo edificio era stato evacuato un anno fa, le cantine lo scorso autunno, il secondo palazzo in primavera.
«La vicenda del Moi», ha sottolineato l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, «è stata vissuta dalla Diocesi come una sfida e un’opportunità che poteva segnare la vita della nostra Città e costituire un modello per l’intero Paese. C’è voluto del tempo: fin dall’inizio abbiamo deciso di non procedere allo sgombro forzato, ma di accompagnare le persone perché potessero comprendere quanto il progetto fosse vantaggioso per dare dignità e speranza in un futuro migliore alle numerose persone
coinvolte». Dal 2013 fino ad un anno fa erano oltre mille i migranti che dimoravano nelle strutture di via Giordano Bruno in condizioni igienicosanitarie precarie.
«Il piano ora prosegue con percorsi di formazione professionale, inserimenti lavorativi e abitativi», ha evidenziato il vicesindaco e assessore al Welfare Sonia Schellino, «per rafforzare il percorso di inclusione e accompagnare le famiglie e i singoli che occupavano le palazzine a raggiungere il maggior grado di autonomia possibile. Anche le persone accolte dalla Croce Rossa il prossimo autunno, quando saranno disponibili ulteriori posti presso strutture del Terzo Settore, verranno trasferite e seguite passo passo nel percorso verso l’autonomia». Il progetto ha subito un’accelerata dovuta al crescente degrado degli stabili e delle condizioni di vita dei loro abitanti. La liberazione degli edifici è stata possibile anche grazie ad ulteriori fondi stanziati dal Ministero dell’Interno e dalla Regione Piemonte, che ha messo a disposizione 500 mila euro.
La Compagnia di San Paolo per l’intero progetto, che ora prosegue con l’accompagnamento dei migranti verso la stabilità, ha stanziato 4 milioni e 800 mila euro.
«Il piano», ha commentato il sindaco Chiara Appendino, «è stato possibile solo grazie al lavoro in rete tra i diversi soggetti istituzionali del territorio. È il sistema Torino che funziona».
Entro l’autunno partirà anche il piano per la riqualificazione della zona delle palazzine. «Mi auguro», ha concluso mons. Nosiglia, «che questa esperienza possa rappresentare un modello anche per altri ambiti di particolare criticità e precarietà, nella nostra città, come sono la situazione dei campi rom, dei senza dimora, dell’accoglienza nei dormitori e i problemi del lavoro e della casa». (Stefano Di Lullo – La Voce e Il Tempo)


