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Quaresima e Coronavirus: l’amore non trova ostacoli

26 Marzo 2020 - La consistenza degli obiettivi che ci diamo nella vita può essere verificata dalla seguente domanda: cosa mi potrebbe impedire di realizzarli? Quello che si può realizzare solo se le condizioni sono ottimali, non vale la pena realizzarlo: gran parte delle nostre energie se ne andrebbe per mantenere ottimali le condizioni; questo è, ad esempio, il problema di chi cerca il potere: poi devi passare la vita a cercare di mantenerlo, e non hai mai pace. Tra le varie cose che questa quarantena, con tutto il suo contorno di delimitazioni e argini, ci può insegnare, c’è senz’altro il fatto che si può sempre continuare ad amare. Niente può ostacolare o impedire l’amore, se questo si accende nel mio cuore e lo scelgo liberamente. Posso essere murato dentro casa mia da solo, eppure posso amare; anzi, forse per qualcuno questi limiti stanno servendo a scoprire che si può amare di più. Naturalmente sto continuando anche in questo periodo i colloqui di direzione spirituale: è cambiata la forma (ora telefonica o video-telefonica), ma non cambia la sostanza, e grazie a essi sto raccogliendo bellissime testimonianze su come si possa amare in quarantena. Una ragazza ha preso a telefonare a vari anziani che conosce, e che prima ovviamente non aveva mai il tempo di sentire; mi ha detto che stando da sola ha capito che forse a loro avrebbe fatto piacere sentire una voce amica in questo tempo di reclusione spaventata. Un altro ragazzo si è offerto di fare la spesa ai vecchietti del suo palazzo: qui l’ho invitato a maggiore prudenza, perché il rischio che li contagi c’è, ma capisco cosa lo anima. Un’altra persona visita in video-chiamata una disabile che prima andava a trovare, e insieme passano un po’ di quel tempo altrimenti troppo lungo e vuoto. Una mia amica è riuscita, mediante un sistema di corrieri attivati per tempo, a far recapitare al suo fidanzato distante, che non vede da settimane, la torta per il giorno del suo compleanno, e poi insieme gli abbiamo fatto una videochiamata al momento delle candeline. Una famigliola di Milano si è messa a fare il pane per tutto il condominio, anche se mi hanno detto costernati che pochi si sono fidati di accettarlo. C’è chi sta ideando corsi e tutorial per intrattenere in modo qualificato; chi canta ai compleanni dai balconi; c’è chi prega per quelli che conosce e per quelli che non conosce. Ci sarebbero tanti esempi da fare, una costellazione di gesti piccoli e grandi d’amore, perché l’amore, quando è vero, è creativo, e si trova sempre una strada: alcuni ostacoli li attraversa, altri li bypassa, altri ancora li trasforma in risorse per amare di più. Per tornare al quesito iniziale, sembra proprio che l’unico obiettivo che valga la pena darsi in questa vita sia amare; l’amore è l’unico vero potere, perché è l’unica cosa che possiamo attuare sempre e comunque se lo vogliamo, “in modo che”, scrive il già citato sant’Ignazio di Loyola, “non desideriamo da parte nostra la salute piuttosto che la malattia, la ricchezza piuttosto che la povertà, l’onore piuttosto che il disonore, una vita lunga piuttosto che una vita breve, e così per tutto il resto, desiderando e scegliendo soltanto quello che ci può condurre di più al fine per cui siamo creati”. Che è amare, appunto. Se non ami, non dare la colpa alla quarantena: le porte che devi aprire non sono quelle di casa tua, ma quelle del tuo cuore. (Alessandro Di Modio – Sir)

Quaresima e Coronavirus: i dettagli dei figli

24 Marzo 2020 - Da ieri stiamo provando a vedere che cosa sta succedendo, che cosa può succedere di bello nelle famiglie in questo periodo di coabitazione costante forzata. “Fare di necessità virtù” è un po’ riduttivo: c’è qui, piuttosto, la possibilità di riscattare una situazione molto pesante facendone il principio di un modo nuovo di stare insieme, e di guardare alla vita. Vorrei partire da quanto una giovane madre mi diceva proprio l’altro giorno, parlandomi della quarantena del suo nucleo familiare. Lei e il marito sono genitori di una bimba nata pochi mesi fa, ed entrambi lavorano nell’esercito. La routine implacabile dei turni di servizio è sospesa, e lei si ritrova a svolgere da casa il lavoro che prima faceva in ufficio; mi ha confidato sorpresa come ora le sia possibile vedere la figlia “nel dettaglio” (ha usato proprio questa espressione): i dettagli della sua crescita, del suo progressivo affacciarsi al mondo; i dettagli di come mangia, e di come dorme, e di come man mano prende coscienza del mondo. Non che prima non fosse attenta o non la osservasse, si capisce, ma ora le è data la possibilità di una continuità ininterrotta dell’esperienza di maternità, in cui accompagnare senza interruzione questa nuova piccola vita mentre sboccia e si evolve. Mi fa strano scrivere queste parole… l’esperienza ovvia, quasi automatica, che in epoche precedenti toccava in sorte a ogni madre, oggi va riconquistata mediante accadimenti che costringono i genitori a ridestarsi dall’automatismo del tram tram, e aprono loro un mondo: il mondo dei dettagli dei loro figli. Il ricordo passa da questa giovane madre sorpresa a un padre di mezza età. Faceva parte di un gruppo di adulti che guidai in un ritiro sui novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso), e quest’uomo, buono e serio, quando ciascuno fu chiamato a condividere con gli altri che forma, che metafora profonda, immaginava per sé della Vita eterna, scoppiando a piangere disse: “Io immagino me che potrò vedere tutte le recite dei miei figli che ho perso a causa del lavoro, mentre crescevano”. La vita è l’insieme degli atti che la compongono, come una costellazione: troppe cose di essa si spengono nel buco nero di un dovere che, visto da vicino, non sempre significa granché, se progressivamente ci sgancia dalle relazioni per cui vale la pena vivere – e non è un caso che uno dei cinque rimpianti più comuni a tutti i moribondi, a detta di Bronnie Ware, un’infermiera dedita alle cure palliative che li ha raccolti negli anni del suo servizio, sia quello di avere lavorato troppo, perdendosi ampi capitoli della propria storia familiare, della vita dei propri affetti. Questa pandemia che ci ha fermati e rinchiusi ci sta dando lezioni severe e importanti sul valore che dobbiamo riscoprire nella frequentazione dei nostri cari, troppo spesso incrociati di sfuggita nella vita ordinaria: la lezione di un figlio che ora puoi vedere nel dettaglio della sua giornata di bambino, anziché delegarlo alle agenzie suppletive di sempre (scuola, sport, parrocchia, ecc.); la lezione di un anziano che muore senza che tu possa nemmeno salutarlo, e che magari non passavi a salutare troppo spesso quando potevi. Lezioni sull’inizio e sulla fine, per non parlare di quelle che riguardano tutto ciò che ci passa in mezzo. Speriamo di imparare qualcosa. (Alessandro Di Medio - Sir)

Quaresima e Coronavirus: scoprirsi in difficoltà dentro le mura di casa

23 Marzo 2020 - In queste settimane stiamo cercando di guardare alla crisi in cui versiamo con uno sguardo pasquale, uno sguardo capace di prendere il negativo e di portarlo oltre, riempirlo della luce della speranza che viene dell’amore di Dio per noi. È quanto il Vangelo della quarta domenica di Quaresima, appena trascorsa, ci invita a fare: aprire gli occhi a partire dall’amore di Dio per noi, per cercare negli eventi che ci troviamo a vivere non le colpe e le cause, ma il fine, per arrivare al fine ultimo, che è la gloria di Dio, la vittoria del suo amore e della sua bellezza nel mondo. Ecco perché, senza voler minimamente dimenticare che questa in cui ci troviamo è una brutta storia, da cristiani possiamo vedere i fiori che spuntano dal letame – d’altronde, la “letizia” è la capacità appunto di vedere del letame (la radice “let-”è la stessa) la fecondità piuttosto che lo schifo, no? Tra i tanti fiori che in questi giorni stiamo raccogliendo, non possiamo ignorare le bellissime alchimie di vita che stanno avvenendo nelle famiglie italiane, dopo già un paio di settimane di quarantena. Ci soffermeremo qualche giorno sulla situazione della famiglia in questi giorni, perché vale la pena cogliere le varie sfaccettature di una situazione anomala, eppure, se ci si pensa, così teoricamente naturale, come il fatto dei membri di una famiglia che stanno sempre insieme. E invece no. I genitori odierni, per lo più costretti abitualmente a situazioni lavorative totalizzanti che non risparmiano più da tempo nemmeno le mamme, generalmente stanno scoprendo di non essere abituati a stare sempre con i propri figli. Sic et simpliciter. Questa scoperta non deve dare la stura a critiche e invettive, quanto piuttosto spingere a domande concrete e intelligenti sulla natura del lavoro oggi, e della progettualità di una famiglia, e di come le due cose (lavoro e famiglia) stanno insieme, o dovrebbero stare insieme. Possibile che ci voglia una pandemia per far sperimentare ai bambini una presenza continuativa nella ferialità dei loro padri? Lo smart working che oggi qui in Italia è una necessità coatta, siamo sicuri di volerlo abbandonare a epidemia finita? Siamo davvero ancora prigionieri di una mentalità lavorativa per cui il padrone deve controllare visivamente e fisicamente i suoi dipendenti per assicurare la produttività? E d’altronde, su tutt’altro fronte: lo smart working, cioè il lavoro da casa tramite computer, visto che è “da casa” ha diritto a prendersi tutto lo spazio possibile della vita privata di una persona, o va disciplinato in confini riscontrabili e dunque rispettabili? Che la scuola si sia trovata impreparata alla crisi è evidente: mi diceva proprio l’altro ieri un mio caro amico psicologo che ogni mattina per “settare” le figlie da casa con la scuola online lui e la moglie richiedono un’oretta circa di operazioni computeristiche a dir poco complesse; possiamo affidare l’educazione a reti wi-fi labili, computer fatiscenti, programmi astrusi che costringono i poveri insegnati a reinventarsi tecnici informatici? Tante domande, e molte altre ce ne sarebbero, che nascono dall’esperienza prevedibile e al contempo inaspettata delle famiglie in difficoltà per il loro trovarsi perennemente riunite in quarantena. Domande che devono scomodarci, e indurci a risposte intelligenti che facciano dell’attuale crisi ben più di una malattia stagionale, ma un vero e proprio passaggio epocale a tempi più lucidi e rispondenti a una vita più umana. (Alessandro Di Medio – Sir)