Primo Piano
Cei: mons. Palmieri eletto vice presidente per il Centro Italia
La solidarietà con i rifugiati è un’azione di pace
Cei: papa Francesco regala ai vescovi un libro che racconta una storia vera di migrazione
Cei: l’introduzione del card. Zuppi apre i lavori dell’Assemblea
Mons. Baturi: “Papa ha sottolineato urgenza di nuovo slancio di evangelizzazione”
Roma - “È stato un incontro importante perché a contatto con i problemi del Paese e della Chiesa. Il Papa ha sottolineato l’urgenza di un nuovo slancio di evangelizzazione che passa attraverso una testimonianza credibile”. Lo ha detto il Segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, commentando le parole di Papa Francesco durante l’apertura dell’Assemblea generale dei vescovi italiani.
“L’incontro – ha raccontato mons. Baturi - è iniziato prima del previsto ed è durato a lungo. Questo significa che c’è una familiarità che con il Papa diventa dialogo, possibilità di fare domande con risposte sempre puntuali”.
“I vescovi – ha spiegato mons. Baturi a Tv2000 - sono chiamati ad avere compassione dell’uomo, ad averne cura soprattutto nelle situazioni di difficoltà e bisogno. È stato un incontro che ci ha incoraggiati a proseguire su questa strada che trova nel cammino sinodale un alveo privilegiato di confronto e lavoro”.
“Il Papa – ha concluso mons. Baturi - ci ha regalato un libro molto significativo ‘Fratellino’ che racconta la storia di un’emigrazione particolarmente tormentata nelle terre della Libia. Ce lo ha regalato affinché tutti noi, con il cuore, possiamo sentire i bisogni degli uomini soprattutto di coloro che soffrono. Questa è stata la cifra dell’ incontro: un’esortazione ad imparare a sentire con il cuore i bisogni dell’uomo che grida e chiede aiuto”.
I cattolici cinesi d’Italia in preghiera a Prato davanti alla Sacra Cintola. Il messaggio della Migrantes
Prato - La Sacra Cintola di Maria, simbolo religioso e civile della città di Prato, e la Madonna di Sheshan, patrona della Cina, hanno unito nella preghiera i cinesi cattolici d’Italia. Ieri mattina nella cattedrale di Santo Stefano il vescovo, mons. Giovanni Nerbini, ha prresieduto l’ostensione straordinaria della preziosa reliquia mariana davanti a quattrocento fedeli di nazionalità cinese, arrivati nella città toscana per partecipare al raduno promosso in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina. "La conoscenza reciproca è fondamentale – ha detto mons. Nerbini – capire la cultura di un popolo, le sue abitudini, le sue tradizioni, che all’inizio possono sconcertare perché lontane e diverse dalle nostre, è fondamentale; perché solo attraverso la comprensione di ciò che di bello e di originale ogni etnia porta con sé, si può costruire il nostro futuro". A rappresentare l’amministrazione comunale di Prato era presente in cattedrale il vicesindaco Simone Faggi: "una iniziativa del genere aiuta a creare connessioni e la Chiesa cattolica pratese sta facendo un lavoro straordinario all’interno del Macrolotto zero, dove vive la maggior parte della popolazione cinese residente in città. Solo lavorando insieme, nella quotidianità, si possono creare quelle occasioni che rendono un gruppo di persone una comunità". L’ostensione è stata "straordinaria" perché la Sacra Cintola, che per la tradizione è appartenuta a Maria, viene mostrata soltanto cinque volte all’anno, secondo un calendario codificato da secoli. In determinate occasioni, e in accordo con il Comune, proprietario della reliquia insieme alla Diocesi, è possibile estrarre la reliquia dallo scrigno dove è custodita da secoli per mostrarla alla venerazione dei fedeli. L’ultima volta è stata nel 2020, durante la pandemia da Covid, per invocare la protezione della Madonna sulla città. Al termine della preghiera mariana, e dopo la tradizionale foto di rito davanti al sagrato della cattedrale, i partecipanti al raduno si sono mossi in processione recitando il rosario in cinese e in italiano. Un lungo serpentone colorato, aperto da un gruppo di donne in abiti tradizionali che si muovevano al ritmo di tamburi, è partito da piazza Duomo ed è arrivato a piedi fino alla parrocchia dell’Ascensione al Pino, nella periferia ovest della città, sede della comunità cattolica cinese di Prato e centro delle iniziative di questa due giorni di festa. Qui da oltre vent’anni i parrocchiani pratesi e quelli di nazionalità cinese convivono e lavorano insieme creando uno scambio non solo culturale, ma anche nella vita di fede. A testimonianza di questa unione c’è il grande impegno profuso dalla parrocchia nell’organizzazione dell’evento: c’è chi ha curato l’accoglienza, chi ha allestito il salone per il grande pranzo finale e chi, in particolare le parrocchiane, hanno preparato i dolci per tutti i partecipanti. La mattinata si è chiusa con una messa presieduta dal vescovo mons. Nerbini e concelebrata da oltre sessanta sacerdoti, in gran parte cinesi. Le preghiere e le invocazioni sono state recitate in italiano e in cinese. Per il Comune di Prato era presente l’assessore Gabriele Bosi. "Questa per noi è una grandissima occasione per mostrare a tutti la vita cristiana della comunità cattolica di Prato – dichiara don Pietro Wang, cappellano della comunità pratese – farsi vedere, ribadire una presenza può essere occasione di evangelizzare e di ribadire la nostra volontà di vivere in fraternità con tutti, italiani e cinesi". In Italia sono presenti dieci comunità cattoliche cinesi, le più numerose sono quelle di Milano, Roma, Napoli e Prato, dove risiede la comunità orientale più popolosa d’Italia. In totale sono circa ottocento fedeli, "un numero piccolo di persone che però vivono la propria fede con grande speranza", sottolinea don Paolo Kong, cappellano della comunità di Napoli e coordinatore di tutte le comunità cinesi italiane. In un messaggio il direttore generale della Fondazione Migrantes., mons. Pierpaolo Felicolo, ha ringraziato il presule aretino per avere accolto l’invito ad ospitare e presenziare la liturgia per questo "importante appuntamento che vede riunita la comunità cinese in Italia. Come Direttore dell’Ufficio Migrantes della Diocesi di Roma e oggi come Direttore Generale della Fondazione Migrantes - ha scritto mons. Felicolo- ho avuto occasione di incontrare le vostre comunità attive e ricche di fede che vivono nel nostro Paese ricevendo ogni volta la conferma della vostra grande Fede e pensando al dono della vostra presenza in Italia. Una piccola comunità cattolica ma significativa seguita da 20 sacerdoti e 35 religiose ai quali va il nostro grazie per il lavoro che svolgono e per mantenere viva la fede dei connazionali". Un messaggio è giunto anche dal card. Pietro Parolini, segretario di Stato vaticano.La giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, che cade il 24 maggio, è stata istituita da Benedetto XVI nel 2007, per invocare l’unità dei cristiani e lo sviluppo della fede nel paese del Dragone. La ricorrenza si tiene in tutto il mondo e in Italia viene celebrata ogni anno in una città diversa, nel 2022 si è tenuta a Milano e questa volta a Prato, dove già era stata festeggiata undici anni fa. (R.I.)
Cei: da oggi l’Assemblea generale
Il cielo è già un po’ nostro
Cattolici Cinesi in Italia: domani e domenica a Prato l’incontro annuale
Agenzia delle Entrate: pubblicata una guida al codice fiscale per gli stranieri
Prato: domani il documentario “La zattera dei migranti”
Reggio Calabria: domani la presentazione di “Armo” con storie di volontari e migranti
Sinodo: il 31 maggio preghiera mariana nei santuari d’Italia
Comunicazione: si parla di migrazioni al convegno promosso dalla diocesi di Messina
L’albero della comunicazione
Rotta balcanica: il rapporto di Human Rights Watch
Roma - “Come se fossimo animali”: è il titolo più che eloquente del nuovo dettagliato rapporto con il quale Human Rights Watch torna ad accusare il governo di Zagabria sui respingimenti di migranti alle frontiera con la Bosnia Erzegovina. Secondo i dati raccolti dall’Ong la polizia croata si accanirebbe in modo sistematico e violento anche contro minori non accompagnati e intere famiglie con bambini piccoli. Tutto ciò nonostante le recenti smentite del ministro dell’Interno Davor Bozinovic e le ripetute promesse di voler garantire l’accesso all’asilo. Tra il novembre 2021 e l’aprile di quest’anno i ricercatori di Human Rights Watch hanno raccolto le testimonianze di oltre un centinaio di rifugiati e richiedenti asilo provenienti da Afghanistan, Iraq, Iran e Pakistan, tra cui una ventina di minori non accompagnati e 24 coppie di genitori che viaggiavano con bambini piccoli. Gran parte delle persone intervistate sostengono che la polizia croata li ha respinti decine di volte ignorando le loro richieste di asilo. «I respingimenti sono da tempo una procedura standard per la polizia di frontiera croata, mentre il governo inganna le istituzioni dell’Ue nascondendosi dietro parole vuote e vane promesse», ha spiegato l’avvocato Michael Garcia Bochenek, consulente di Human Rights Watch e autore del rapporto. Dal dossier emerge che la polizia di frontiera avrebbe l’abitudine di sequestrare o distruggere telefoni cellulari, denaro, documenti di identità e altri effetti personali, oltre a sottoporre adulti e bambini a trattamenti umilianti e degradanti. Tra i casi citati ci sono quelli di Farooz D., e Hadi A., due 15enni afgani, i quali hanno raccontato ai ricercatori che nell’aprile scorso la polizia croata li ha fermati e riportati al confine ordinando loro di tornare in Bosnia a piedi, sebbene avessero chiesto protezione dichiarando di essere minorenni. Gli agenti li avrebbero anche presi a calci sequestrando tutto quello che avevano nello zaino, tra cui 500 euro in contanti. Un altro minore, il diciassettenne Rozad N., originario del Kurdistan iracheno, ha riferito che dalla fine del 2021 lui e la sua famiglia, tra cui suo fratello di sette anni e sua sorella di nove, sono stati rimandati indietro una quarantina di volte. Quasi tutti i migranti respinti affermano di essere stati picchiati almeno una volta dalla polizia croata o di aver assistito alla violenza degli agenti. Le loro testimonianze sono state confermate anche da molti operatori umanitari. “Inoltre – si legge - molti bambini piccoli sono stati costretti ad assistere a scene in cui i loro padri, fratelli maggiori e cugini venivano pestati a pugni e calci e presi a manganellate. In più occasioni gli agenti della polizia di frontiera croata hanno sparato vicino ai bambini e puntato armi contro di loro. Sono stati registrati anche alcuni episodi che hanno visto gli agenti spintonare e picchiare bambini di sei anni”. Ciononostante le autorità di Zagabria - sottolinea ancora il rapporto – continuano a negare ogni responsabilità e il ministero dell’Interno croato non ha risposto alle richieste di incontro arrivate da Human Rights Watch, né ha voluto commentare il contenuto del rapporto. “Le istituzioni europee devono mostrarsi ferme nel chiedere conto alla Croazia di queste violazioni sistematiche del diritto UE e delle norme internazionali”, ha concluso l’avvocato Bochenek. (Riccardo Michelucci - Avvenire)
Legge Cutro: l’Acnur scrive al governo, “criticità” sul rispetto dei diritti umani
Roma - Alcune norme del cosiddetto decreto Cutro, convertito il 5 maggio dalle Camere nella legge numero 50, suscitano «profonda preoccupazione » nell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ci sono disposizioni che presentano diverse «criticità», rispetto alla compatibilità con «la normativa internazionale sui rifugiati e sui diritti umani», in merito «alla fattibilità delle misure previste», al potenziale «impatto sul sistema d’asilo» e allo «spazio di protezione garantito a richiedenti asilo, rifugiati e persone apolidi». Osservazioni contenute in una «nota tecnica» di 9 pagine inviata dall’Acnur al governo. Il documento, che Avvenire anticipa oggi in esclusiva, contiene una decina fra raccomandazioni e osservazioni. Nel pronunciarsi, l’organismo si muove nell’alveo della prassi e delle proprie competenze. Le sue «raccomandazioni », si legge, sono infatti «elaborate sulla base del mandato conferito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite di protezione internazionale dei rifugiati, e delle altre persone sotto la propria responsabilità» e «di assistenza ai Governi nella ricerca di soluzioni durevoli».
Durante l’iter di conversione del dl Cutro, l’Acnur aveva scritto al governo, cercando un dialogo rispettoso dell’attività legislativa in corso. «Avevamo rappresentato diverse criticità, confidando che nel procedimento legislativo alcuni correttivi potessero essere apportati», spiega ad Avvenire Chiara Cardoletti, dal 2020 rappresentante dell’Acnur per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. E l’esecutivo ha risposto? «No», fanno sapere dall’organismo Onu, che tuttavia non è interessato a sollevare polemiche, ma solo - giacché il testo è diventato legge - a rendere note le osservazioni alla pubblica opinione. Ieri, per correttezza istituzionale, l’Acnur ha inviato al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi una lettera per informarlo che oggi il documento sarà pubblicato.
Nelle 9 pagine, affiora il timore che alcune «criticità » delle norme possano, nell’applicazione, finire per porsi in contrasto col quadro internazionale di tutela dei diritti umani e delle persone rifugiate. Per esempio - pur concordando con l’istituzione di procedure di frontiera più efficienti - si raccomanda di introdurre «misure per la individuazione dei bisogni dei richiedenti asilo, dei minori e delle altre persone con esigenze particolari». E si ricorda come i «luoghi di trattenimento» debbano rispettare quanto prevede la Direttiva accoglienza: «Disponibilità di spazi aperti, possibilità di comunicare e ricevere visite (da personale Acnur, familiari, avvocati, consulenti legali e rappresentanti di ong) e il diritto di essere informati delle norme vigenti nel centro». Inoltre, anche nel caso di domande di protezione internazionale «manifestamente infondate» (perché di persone provenienti da Paesi ritenuti “sicuri”) si chiede di vagliare prima se la persona invoca «gravi motivi per ritenere che, nelle sue specifiche circostanze, il Paese non sia sicuro». Un inciso riguarda pure la stretta alla protezione complementare. «Le nuove disposizioni eliminano il riferimento alla vita privata e familiare», rammenta il documento, auspicando procedure veloci per identificare gli apolidi e la necessità di garantire una protezione complementare a persone che, se rispedite nel proprio Paese «rischino una violazione dei propri diritti fondamentali».
In apertura, il documento riconosce alcuni «sforzi compiuti dalle autorità italiane nell’individuare soluzioni per rispondere alla pressione migratoria». Fra questi, la «gestione efficace e trasparente del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale» o le «misure relative alla gestione dell’hotspot di Lampedusa», fra cui «l’attivazione di una postazione del 118 sull’isola e il rafforzamento dei trasferimenti dai punti di crisi». C’è «apprezzamento» pure per la disposizione che introduce «una quota d’ingressi per lavoro per rifugiati e apolidi» nell’ambito del Decreto flussi, e «per la loro inclusione» negli ingressi “extra-quota” dopo la formazione professionale. L’Acnur «raccomanda che già dal prossimo Decreto flussi sia assegnata una specifica quota riservata» per favorire un «corridoio lavorativo» a beneficio di apolidi e ai rifugiati residenti in Paesi di primo asilo o di transito.
Ma soprattutto l’Acnur esprime «profonda preoccupazione» per la norma che elimina servizi ai profughi come «supporto psicologico, informazione legale o corsi di lingua italiana». Così, ragiona Cardoletti, non si facilita «lo sviluppo di percorsi di autosufficienza e autonomia dei richiedenti asilo» e si rischia «una loro completa dipendenza dal sistema di accoglienza». Il risultato? Visto che l’esame della domanda d’asilo può durare un anno anche solo in prima istanza, il richiedente resta a lungo in una struttura senza accedere a servizi cruciali. «Forse vorrebbe disincentivare gli arrivi - osserva la funzionaria Onu -, ma rischia di essere più una “punizione” per quanti potrebbero essere avviati verso cammini di autonomia». L’Acnur «ribadisce la disponibilità a collaborare con le autorità italiane» per «elaborare le migliori soluzioni normative od operative, a partire dalle raccomandazioni qui contenute». Ma davvero, chiediamo, vi aspettate che il governo interloquirà? «Ci speriamo - conclude Cardoletti -. In fondo, le nostre raccomandazioni individuano possibili aggiustamenti non particolarmente complicati da realizzare». (Vincenzo R. Spagnolo - Avvenire)