Reggio Calabria – Un appartamento confiscato alla ’ndrangheta, una canonica parrocchiale, un istituto di suore, un parco creato da un ex missionario, una casa famiglia. Sono le cinque strutture che ospiteranno 63 minori non accompagnati nel progetto “Filoxenia” della diocesi di Reggio Calabria-Bova, con la prefettura reggina e i comuni di Reggio Calabria e Bagnara Calabra.
“Il nostro impegno non è garantire posti letto ma un clima, un ambiente capace di generare accoglienza e fraternità”, spiega il direttore della Caritas diocesana, don Nino Pangallo. Così, aggiunge, “abbiamo provato a immaginare e strutturare un modello che non privilegi i grandi numeri, come purtroppo altrove accade, ma strutture a misura d’uomo, con piccoli gruppi e in spazi adeguati, che abbiano come obiettivo offrire ai ragazzi non solo un tetto, ma anche un’opportunità di crescita e che si collochino sul territorio integrandosi con le comunità locali”. Cinque minori saranno ospitati nella parrocchia S. Nicola di Bari S. Maria della Neve a Reggio Calabria che già accoglie un egiziano maggiorenne. Sono infatti una decina quelle che accolgono uno o due ex minorenni. E l’accoglienza è impegno quotidiano nella Comunità Papa Giovanni XXIII in tre case famiglie. In quella chiamata “Annunziata” ora se ne aggiungeranno 12, sia femmine che maschi. Così anche nell’Istituto S. Maria degli Angeli a Bagnara, dove il Centro Reggino di Solidarietà fondato 25 anni fa da don Mario Picchi per accogliere tossicodipendenti «si metterà in gioco» ospitando 29 minori. Altri 15 saranno accolti dai padri Somaschi nel quartiere reggino di Gallico all’interno del “Parco della mondialità”, creato da un missionario saveriano trasformando un’area degradata. L’ultimo gruppo sarà ospitato nella “Casa Anawin”, poveri di Dio, un appartamento confiscato. A seguirli l’associazione “Abakhi” (costruttori, in lingua Zulu), costituita dai volontari del Coordinamento ecclesiale sbarchi.
L’appartamento fa parte del progetto sui beni confiscati, di riconversione sociale, educazione alla legalità e servizio agli ultimi. Una vera rete di accoglienza e solidarietà. Ieri il “via” a Bagnara con la presenza dell’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini e del prefetto Claudio Sammartino. Seduto tra di loro il piccolo Jonathan, 4 anni del Camerun, giunto a Reggio Calabria il 25 giugno senza la mamma che non riuscendo a salire sul barcone lo aveva affidato a un’altra donna. Ma proprio ieri sera c’è stato il ricongiungimento tra il bimbo e la sua mamma arrivata anche lei in Calabria. Un altro segno di speranza. «Con queste iniziative – afferma il vescovo – rispondiamo alla pressante richiesta di Gesù». Poi sottolinea con forza come «questo è frutto anche dei fondi dell’8×1000 contro cui alcuni si scagliano come se fossero rubati allo Stato». Ma soprattutto, aggiunge, «è una risposta a chi di fronte alle violenze è tentato di cadere in impulsi di morte pensando sia giustizia. Non è giustizia!». Invece, insiste il vescovo, «aprire gli occhi su una nuova pagina di storia. Non illudiamoci gli sbarchi non finiranno, non saranno le nostre chiusure egoistiche a fermarli. Dobbiamo invece saper accogliere e collaborare».
È quello che sottolinea anche il prefetto. «Questo è il vero volto della Calabria, la sua parte migliore, che accoglie e costruisce. Non quella della ’ndrangheta, della corruzione e della collusione». Un esempio, dice, «di sussidiarietà, di contagio positivo che si sta allargando. Una rete
di solidarietà solidissima e attivissima. Uno Stato amico che ha il compito di regia e di valorizzazione del volontariato. Il grido che viene dai migranti ci dice che abbiamo poco tempo. Questa è la strada giusta. Oggi si gira una pagina che abbiamo scritto tutti insieme. Ma domani (oggi per chi legge, ndr) arriva già un’altra nave con 450 migranti». (Antonio Maria Mira – Avvenire)


