26 Aprile 2023 –
Roma – «Come tante altre persone, sono stata costretta a lasciare l’Ucraina e la mia vita è stata improvvisamente stravolta: avevo difficoltà a concentrarmi su me stessa, sullo studio e sulla ricerca di un lavoro. Ma qui a Roma Adele mi ha accolta ed è stata da subito come una nonna per me. La cucina è il nostro spazio per incontrarci e stare insieme, guardiamo la tv, anche le telenovelas, chiacchieriamo o semplicemente restiamo vicine, in silenzio. Ora mi sento più stabile e avere qualcuno vicino fa bene sia a me che ad Adele, ma credo faccia bene a tutti». Alina, giovane studentessa ucraina, non nasconde la commozione mentre racconta così il suo incontro e ora la convivenza con Adele, una delle centinaia di persone che hanno risposto con entusiasmo all’Albo delle famiglie accoglienti di Roma Capitale, partito esattamente un anno fa, con Refugees Welcome Italia in qualità di ente attuatore, e che ora sta diventando un modello da seguire anche per tante altre città europee.
Oltre alla toccante testimonianza di Alina, anche i numeri sono dalla parte di questa iniziativa: circa 1.000 cittadini romani hanno già dato la loro disponibilità ad accogliere alcune delle 170mila persone che sono scappate dall’Ucraina a causa della guerra, anche se ora si vuole estendere l’iniziativa anche a persone di altre nazionalità.
Fino al 31 dicembre scorso, il totale delle convivenze attivate grazie allo strumento dell’Albo delle famiglie accoglienti di Roma è stato di 91, per un totale di 163 persone ospitate, di cui 53 minori. Dopo aver dato la disponibilità ad accogliere, infatti, ci sono altri necessari passaggi da compiere, come spiega Fabiana Musicco, presidente di Refugees Welcome Italia: «Ogni famiglia è stata accuratamente profilata per valutarne l’idoneità all’accoglienza. Sono stati analizzati gli elementi di adeguatezza dell’abitazione all’accoglienza, ma anche la verifica della corrispondenza delle aspettative, e della comprensione di cosa significhi un’accoglienza interculturale. Con il tempo abbiamo sviluppato una metodologia di lavoro che si fonda sulla mobilitazione della società civile. Le persone rifugiate e migranti delle cosiddette comunità accolte e la comunità accogliente, rappresentata dalle volontarie e dai volontari, dalle attiviste e dagli attivisti, oltre che dallo staff, si incontrano e danno vita a un’unica comunità, basata sull’incontro delle differenze. Una metodologia che prevede un accompagnamento costante nel tempo da parte degli attivisti e del team di Refugees Welcome».
Per quanto riguarda ancora più da vicino l‘esperienza lungo l’asse Roma/Ucraina «ci siamo confrontati – aggiunge Musicco – con numeri inediti, ma soprattutto con nuove sfide dell’accoglienza in famiglia, come l’inserimento di donne con minori, l’assenza di una lingua comune di comunicazione tra ospiti e famiglie accoglienti, l’assenza di un progetto individuale finalizzato ad una permanenza a Roma di medio o lungo periodo e le vulnerabilità specifiche dovute a sindromi da stress post-traumatico e danni psico-fisici estremamente recenti. Una complessità tale che è stata possibile gestire grazie al sostegno di alcuni donatori come Unicef International e al progetto di accoglienza diffusa promosso dalla Protezione Civile. Ci auguriamo per il futuro di costruire partenariati sempre più forti che ci daranno la possibilità di attivare sempre più accoglienze». Proprio come quella di Adele che, mentre suona il pianoforte, sua grande passione, e Alina la guarda con dolcezza nel salotto di casa, racconta che «ci siamo prese subito e adesso siamo proprio come nonna e nipote, ci vogliamo molto bene. La presenza di Alina mi dà serenità e mi sta insegnando che abbiamo bisogno degli altri». (Igor Traboni – Avvenire)


