Vangelo Migrante: XXXIII Domenica del Tempo Ordinario | Vangelo (Lc 21,5-19)

10 Novembre 2022 – I discepoli ammirano l’architettura del tempio. Gli occhi di Gesù si spingono più in là: egli vede la distruzione di quello che vedono, l’apparizione di falsi profeti, le guerre e la distruzione di Gerusalemme, i cataclismi naturali e le persecuzioni dei cristiani e della Chiesa. In mezzo a tutte queste catastrofi, dov’è la buona notizia su Dio e sull’uomo? Per comprenderla è necessario operare lo stesso passaggio che Gesù fa compiere ai suoi discepoli. Le sue parole sorprendono e turbano i presenti che per lo meno vorrebbero indicazioni più precise: “Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?” Il desiderio di conoscere con precisione il futuro nasconde la segreta speranza di esser rassicurati che non si tratta di un evento immediato, e quindi ci si illude di poter programmare senza fretta e senza paura la propria vita. Ma Gesù, ‘nella fine’ delle cose, indica ‘il fine’ di ogni cosa, il senso di tutto, sicchè l’unica cosa necessaria è convertirsi. È solo nella relazione con il Signore che la persecuzione può diventare testimonianza, la contesa sapienza, la carenza generosità, l’ingiustizia perdono, la povertà condivisione. Solo una vita che si riconosce nelle mani di Dio è resa libera da questo mondo. L’alternativa è quella di contare i giorni a rovescio. Chi lo comprende, non rimanderà a domani la propria conversione.

Gesù è esplicito: ad ogni immagine della ‘fine’ sovrappone il germoglio della speranza: “non vi terrorizzate (…) non è subito la fine; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo (…) metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno (…) Avrete allora occasione di dare testimonianza. (…). Io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. (…). Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”.

Nessuna cosa è eterna. Ma l’uomo sì. Si spegneranno le stelle prima che l’uomo si spenga. Saranno distrutte le pietre, ma l’uomo sarà al sicuro nel palmo della mano di Dio. Non resterà pietra su pietra delle sue magnifiche costruzioni, ma l’uomo resterà e nemmeno un suo capello andrà perduto; l’uomo resterà, nella sua interezza, dettaglio su dettaglio. Perché Dio, come un innamorato, ha cura di ogni dettaglio del suo amato.

Nel mondo che cade finiscono tanti punti di riferimento ma si annunciano anche sentori di primavera. Posta al termine dell’anno liturgico, questa Parola che riguarda gli ultimi momenti della vita pubblica di Gesù, ci invita a guardare questo mondo che porta nel grembo un Altro mondo. Ogni giorno c’è un mondo che muore, ma ogni giorno c’è anche un mondo che nasce.

Oggi, le migrazioni ne sono l’icona. (p. Gaetano Saracino)