17 Giugno 2022 –
Roma – L’obolo nell’antica Grecia era un sesto di una dracma, una “monetina”, e anche nel mondo romano e poi nel medio evo ha conservato questo significato, di pochi spiccioli. Quelli che anche le persone umili possono donare, come la vedova del famoso episodio narrato nei vangeli di Marco e Luca. L’Obolo di San Pietro è quindi un’offerta che viene chiesta a tutti i fedeli, ricchi e poveri, «come segno di adesione alla sollecitudine del successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi». In concreto l’Obolo – con cui si intende sia la raccolta di offerte, sia il fondo che con esse viene alimentato – serve a due scopi: a sostenere la complessa “macchina” della Curia romana, da poco riformata da papa Francesco, insieme alle rappresentanze pontificie sparse nel mondo; e a sostenere le opere di carità del Pontefice a favore dei più bisognosi.
Ieri è stato diffuso il bilancio dell’Obolo per quanto riguarda il 2021 e il dato che emerge è che dopo anni di calo delle offerte – dal 2015 al 2020 la diminuzione era stata del 23% – torna il segno positivo. Se nel 2020 la raccolta era stata di 44,1 milioni di euro, nel 2021 è stata di 46,9 milioni. Le spese sostenute dall’Obolo, però, sono state di 65,3 milioni, generando un passivo di 18,4 milioni che è stato coperto dal patrimonio della Santa Sede.
I ricavi sono venuti dalle offerte raccolte in tutte le diocesi del mondo in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo, poi da donazioni, lasciti ed eredità, e anche dagli accrediti effettuati attraverso il sito www.obolodisanpietro. va. Da un punto di vista geografico nel 2021 i contributi maggiori sono venuti dagli Stati Uniti (29,3%), seguiti da Italia (11,3%), Germania (5,2%), Corea (3,2%) e Francia (2,7%).
Dei 65,3 milioni spesi 55,5 milioni sono andati ad attività della Santa Sede a servizio della missione apostolica del Papa, mentre 9,8 milioni hanno riguardato 157 progetti di assistenza in 67 Paesi. I continenti che ne hanno tratto beneficio sono stati in ordine Africa (41,8%), America (23,5%), Asia (25,5%), Europa (8.2%) e Oceania (1.0%). Le aree di intervento sono state di tipo sociale – costrurero: zione di scuole, progetti contro la tratta ecc. – e il sostegno alla presenza evangelizzatrice delle Chiese con minor mezzi o anche di quelle più radicate, per esempio con l’edificazione di nuove chiese.
Ma qual è, alla fine, l’entità complessiva dell’Obolo di San Pietro? L’anno scorso il direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione, Andrea
Tornielli, in un’intervista per il portale
Vatican News aveva posto questa domanda al prefetto della Segreteria per l’Economia, il gesuita spagnolo Juan Antonio Guerrero Alves: «Sono state scritte molte cifre, si è parlato di circa 800 milioni di euro? Può dirci quanti soldi ha effettivamente il fondo dell’Obolo?». E così aveva risposto Guer- «Parlare di 800 milioni di euro… mi sembra fantasia! Nei conti che ho visto io, il patrimonio netto di tutti i fondi della Segreteria di Stato negli ultimi dieci anni è sempre stato ben al di sotto di quest’importo. Il fondo Obolo nel 2015 era di 319 milioni di euro. Negli ultimi anni ha speso in media 19 milioni di euro in più di quanto ha incassato. Il fondo Obolo aveva, al 31 dicembre 2020, circa 205 milioni di euro, parte di questi in investimenti poco “liquidi”, compreso il famoso palazzo di Londra. Il fondo Obolo è stato decapitalizzato negli ultimi anni a causa delle spese dei dicasteri della Curia, che hanno avuto bisogno di più di quanto veniva raccolto. È ovvio che non può più essere così». (A.Ga.- Avvenire)


