In Famiglia: prendersi cura di Noè

6 Luglio 2021 – Il 25 luglio prossimo sarà celebrata la prima giornata mondiale dei nonni e degli anziani, voluta da papa Francesco e che per quell’occasione ha già diffuso un messaggio particolarmente incoraggiante. Un passaggio rivela quanto il pontefice abbia a cuore la missione ancora viva di chi è avanti negli anni. “Non importa quanti anni hai, se lavori ancora oppure no, se sei rimasto solo o hai una famiglia, se sei diventato nonna o nonno da giovane o più in là con gli anni, se sei ancora autonomo o se hai bisogno di essere assistito, perché non esiste un’età per andare in pensione dal compito di annunciare il Vangelo, dal compito di trasmettere le tradizioni ai nipoti. C’è bisogno di mettersi in cammino e, soprattutto, di uscire da sé stessi per intraprendere qualcosa di nuovo”. Avremo, forse, occasione di riprendere questo testo per intero, ma intanto soffermiamoci, nel nostro cammino biblico, su un anziano di grande spessore. C’è un piccolo episodio al termine della grande storia di Noè che mi ha sempre fatto pensare (Gn 9, 20-28). Noè appare un gigante di autorevolezza e competenza. Dio lo sceglie per la sua rettitudine e lui si dimostra all’altezza, non solo come uomo, ma come grande ingegnere. Seppur seguendo un libretto di istruzioni divine, la sua fedeltà lo premia perché fa tutto come deve e nei tempi stabiliti. Poi affronta il diluvio, con la sua famiglia e le specie animali… chissà quali pensieri la notte prima di dormire, chissà quali domande con moglie e figli… Poi il discernimento per capire se ci sarà terra con l’invio della colomba. Insomma Noè non sbaglia mai e poi… probabilmente ormai molto avanti negli anni, si concede il lusso, nella nuova terra ritrovata di coltivare una vigna, segno di alleanza con la natura e con Dio, pianta del vino, da sempre oggetto e simbolo della gioia degli uomini. Ebbene, di fronte a questo “ben di Dio”, Noè perde il controllo e si ubriaca rimanendo nudo al pubblico ludibrio. L’uomo è fragile, ogni uomo, ancor più quello anziano, qualunque siano state le imprese della sua vita. Come ci si comporta nei confronti della debolezza dei vecchi? La Bibbia come sempre dipinge un quadro di umanità profonda. Un figlio lo deride e lo indica alla vergogna degli altri… Perché lo fa? Perché manca così di rispetto a suo padre? Forse ha subito dei torti? Forse non è stato mai abbastanza gratificato dal suo papà che gli ha lesinato qualche apprezzamento di troppo? Oggi avremmo molte voci autorevoli che ci potrebbero spiegare quali danni può provocare nei figli l’assenza dei padri. Gli studi di Risè, poi quelli di Recalcati, per citare solo due nomi assai noti credo che troverebbero nell’interrogare quel figlio senza pudore tanti perché e tante argomentazioni. È un fatto, però, che gli altri due figli chiamati, di fronte allo spettacolo del padre in quello stato pietoso, assumono l’atteggiamento diametralmente opposto: lo coprono ed evitano perfino di guardare loro stessi le parti intime del padre. Un’attenzione che Noè poi ripagherà con una benedizione grande e solenne ma che nel compiersi stessa riceve la sua ricompensa. I figli pudichi sono come quei figli che vediamo al capezzale dei loro genitori nelle case o nelle Rsa sparse per il nostro Paese. Uomini e donne che si dedicano anima e corpo ai loro genitori, ai loro avi. Con pudore, nel silenzio, nella dignità, ascoltano il lamento di chi soffre, ascoltano anche spesso deliri o nenie senza senso, unica voce rimasta ai loro cari. Se spesso sono badanti straniere a compiere i gesti di cura più intimi, come samaritani venuti da lontano, migliaia sono i figli che non abbandonano i loro genitori quando perdono il senno e le forze, ma sono loro a fianco con umiltà, senza ribrezzo, colmi di gratitudine per la vita ricevuta e che ora passa di mano. Anche Gesù immagina l’anziano Pietro a cui qualcuno cingerà la veste e che porterà magari dove non vorrà andare, ma quanta tenerezza scorgiamo anche in questa sagoma di anziano delineata dal Signore. Lunga vita, sia – dunque – a chi avrà la Grazia di avere al suo fianco un figlio, capace di assumere un ruolo di paternità ed accoglienza proprio per chi l’ha generato. (Giovanni M. Capetta – Sir)

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