Verso una presenza più qualificata degli orientali cattolici in Italia

Bologna – Nel contesto dei loro regolari appuntamenti pastorali, i sacerdoti e i diaconi della Chiesa greco-cattolica romena in servizio alle comunità in Italia, hanno ricevuto sabato a Bologna, per la prima volta, la visita di Mons. Cyril Vasil, Segretario della Congregazione delle Chiese orientali. Mons. Vasil ha espresso la sua soddisfazione per questo incontro che gli permesso al dicastero vaticano un primo incontro reale con la realtà viva di una presenza ecclesiale così caratteristica che contribuisce a rendere anche in Italia la Chiesa ancora più cattolica, bella nella ricchezza della sua varietà. “Da un punto di vista sociologico o demografico – dice Mons. Vasil – non c’è differenza fra i migranti di varie etnie e varie nazioni; c’è una grande differenza, invece, da un punto di vista teologico ed ecclesiologico. Mentre per gli altri migranti si parla della necessità di inserirli al più presto nel tessuto della Chiesa locale, per i migranti provenienti dalle chiese orientali cattoliche, lo scopo è certamente quello di aiutarli a integrarsi da un punto di vista linguistico, culturale e sociale, ma allo stesso tempo assicurando la possibilità di mantenere la propria tradizione liturgica e anche la propria visibilità ecclesiologica. È don Ioan Pop, coordinatore nazionale dei romeni greco-cattolici in Italia a tracciare un quadro della presenza di questi fedeli nella penisola: “In questo momento abbiamo 38 comunità romene greco-cattoliche, distribuite prevalentemente in Lombardia, Triveneto, Emilia Romagna e Toscana, oltre a due parrocchie a Roma, una delle quali fondata già nel 1914. In tempi più recenti, la prima nostra comunità si è organizzata a Imola nel 2002, poi è seguita Bologna e via via le altre… I sacerdoti in servizio sono 36. La loro presenza accanto ai fedeli è importante. Oltre che per le caratteristiche tipiche del rito bizantino e della lingua, le comunità costituiscono per i fedeli come un’oasi nelle quali possono trovare un appoggio anche per le problematiche sociali. Con il movimento migratorio, le nostre chiese orientali che sono uscite dalle persecuzioni del comunismo, hanno una possibilità in più di farsi conoscere la loro vita, la loro storia: è una ricchezza, sia per noi che entriamo a contatto con i fratelli latini, sua per le comunità italiane che conoscono un altro volto della stessa fede cattolica. In tutte le nostre comunità siamo già alla seconda generazione. I nostri bambini e ragazzi sono nati in Italia: su 50.000 fedeli presenti, abbiamo già un 15% di ragazzi nati qui: questo lascia intravvedere per l’Italia una presenza stabile delle nostre comunità che, essendo e restando orientali, avranno bisogno di una cura particolare”.  Durante l’incontro si è discusso con molta franchezza anche delle difficoltà di inserimento nel tessuto della Chiesa italiana. Una delle difficoltà soprattutto pratiche è infatti la presenza molto numerosa in percentuale di sacerdoti sposati e in genere con famiglie numerose.

“È evidente – dice Mons. Andrea Caniato, direttore Migrantes dell’Emila Romagna– che la riflessione su questo aspetto va maturando con l’esperienza stessa e che all’inizio non era immaginabile prevedere lo sviluppo che la cosa avrebbe avuto in seguito. È sicuramente problematica la disponibilità alla mobilità dei sacerdoti stessi, soprattutto il loro rientro in patria, dopo che i loro figli sono nati e cresciuti in Italia; problemi che non possono però ascriversi a mancanza di senso missionario o di disponibilità al servizio”.

“Nelle chiese orientali – dice in proposito l’Arcivescovo Vasil’ –  si è mantenuta la prassi di concedere l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati. Questa prassi non è solo una caratteristica quasi folkloristica o in qualche modo tollerata, ma è una esperienza delle Chiesa che vive nelle varie tradizioni non solo liturgiche, ma anche disciplinari ed ecclesiali. In generale, posso dire che i Vescovi italiani sono generosi non solo con le comunità greco-cattoliche romene, ma anche con le altre comunità orientali presenti nel territorio. Questa presenza è per certi aspetti ancora una novità: c’è ancora qualche cammino da fare ed è ancora necessario capire le esigenze specifiche e le particolarità di queste comunità e dei loro rappresentanti”.

Oltre alle comunità cattoliche orientali organizzate nelle diocesi italiane, molto spesso le famiglie degli immigrati orientali fanno riferimento alle parrocchie latine del territorio, ingenerando anche situazioni inedite che bisogna imparare a conoscere e ad affrontare.

Don Ioan Pop traccia infine il bilancio di un rapporto con le diocesi italiane buono e fraterno. “Ci manca – dice – di avere un vescovo del nostro rito, ma contiamo molto sulla paternità dei vescovi latini ai quali in questo momento siamo affidati. Come coordinatore nazionale, il mio compito è quello di mantenere il collegamento con la Conferenza Episcopale Italiana, i singoli vescovi con i loro uffici diocesani, e anche con il Sinodo dei nostri Vescovi Romeni. Duranti gli anni le difficoltà non sono mancate, ma oggi posso dire che ci conosciamo meglio reciprocamente e che, guardando il percorso delle nostre istituzioni, posso dire che si vede chiaramente che c’è stato un cammino”.