“Il coraggio di chi spera”. 12 anni con papa Francesco

13 Marzo 2025 – Il 13 marzo 2013 diventava vescovo di Roma e Sommo Pontefice della Chiesa Universale un uomo che i “fratelli Cardinali” erano andati a prendere per la prima volta nella storia “quasi alla fine del mondo”, dalle Americhe. La formazione umana, culturale e spirituale di papa Francesco – Jorge Mario Bergoglio, figlio di migranti italiani – è impregnata dell’esperienza di chi ha lasciato la propria terra in cerca di una vita migliore per sé e per la propria famiglia. È una sensibilità innata che il Santo Padre ha comunicato sin da subito nel suo ministero e nel suo magistero.

Per celebrare questo anniversario di Pontificato, innanzi tutto, è bello tornare alle parole del suo Messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato del 2024, “Dio cammina con il suo popolo”, che è stato la luce guida dell’attività pastorale, di ricerca e di formazione di questi mesi per la Fondazione Migrantes.

“Molti migranti fanno esperienza del Dio compagno di viaggio, guida e ancora di salvezza”. D’altra parte “Dio non solo cammina con il suo popolo, ma anche nel suo popolo, nel senso che si identifica con gli uomini e le donne in cammino attraverso la storia – in particolare con gli ultimi, i poveri, gli emarginati –, come prolungando il mistero dell’Incarnazione. Per questo, l’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno, è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso”.

“L’incontro col migrante è l’incontro con Cristo, ci ha detto il Papa – commenta mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes -. Che effetto ci fa questa immagine? Domandiamocelo”.

Pensando al tema dell’anno giubilare in corso, è significativo oggi ritornare anche ad alcune delle prime parole ufficiali di papa Francesco, nel suo “Discorso per la plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti”, del 24 maggio 2013.

“Vorrei invitare tutti a cogliere negli occhi e nel cuore dei rifugiati e delle persone forzatamente sradicate anche la luce della speranza. Speranza che si esprime nelle aspettative per il futuro, nella voglia di relazioni d’amicizia, nel desiderio di partecipare alla società che li accoglie, anche mediante l’apprendimento della lingua, l’accesso al lavoro e l’istruzione per i più piccoli. Ammiro il coraggio di chi spera di poter gradualmente riprendere la vita normale, in attesa che la gioia e l’amore tornino a rallegrare la sua esistenza. Tutti possiamo e dobbiamo alimentare questa speranza!”.

“Le persone che spesso, quasi ogni giorno, vengono rappresentate indistintamente come una massa minacciosa – sottolinea mons. Felicolo -, hanno ‘il coraggio di chi spera’. Quanto ne abbiamo bisogno in questo tempo di conflitti apparentemente senza soluzione, di incertezza, di tirannia della paura!”.