Sanremo: Ghali e Mahmood, noi le voci dei nati ai bordi di periferia

8 Febbraio 2024 – Sanremo – «La storia, Dio, non accettano la scena muta: cessate il fuoco». Lo schiaffo di realtà arrivato nel cuore della prima lunghissima e soporifera prima serata del Festival spetta a Dargen D’Amico che porta in gara la sua potente Onda alta che racconta chi fugge dalle guerre e rischia la vita nel Mediterraneo, ripetuta ieri sera in gara. Canzone apprezzata anche dal cardinale Gianfranco Ravasi che in un tweet cita il testo di Onda alta: “C’è una guerra di cuscini / ma cuscini un po’ pesanti / se la guerra è dei bambini / La colpa è di tutti quanti”. Ma il rapper milanese ha avuto anche il coraggio di esporsi in prima persona in un appello per la pace in diretta tv: «Nel Mar Mediterraneo ci sono bambini sotto le bombe, senza acqua, senza cibo. E in questo momento il nostro silenzio è corresponsabilità».
Parole condivise totalmente dal direttore artistico Amadeus e apprezzate da Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef per l’Italia che ringrazia Dargen D’Amico per l’appello in diretta per la pace: «E’ di fondamentale importanza ricordare che più di 500 milioni di bambini, dall’Ucraina a Gaza, dal Sudan al Myanmar, dalla Siria allo Yemen, in questo preciso istante si trovano ad affrontare la dura realtà della guerra, senza cibo né acqua, al freddo e senza un riparo».
Ma il tema delle migrazioni appare in primo piano anche nella storia personale del cantante di origini tunisine Ghali e del brano Casa mia che mescola ritmo radiofonico a parole che fanno venire i brividi: “Per tracciare un confine / Con linee immaginarie bombardate un ospedale / Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane / Non c’è mai pace”. Una frase che ha creato polemica. In «uno spettacolo che dovrebbe unire gli italiani, e’ andata in scena un’esibizione che ha ferito molti spettatori», ha lamentato il presidente della comunita’ ebraica di Milano, Walker Meghnagi, chiedendo un intervento dei vertici Rai. «A differenza di Ghali non possiamo dimenticare che questa terribile guerra e’ il prodotto di quanto successo il 7 ottobre», ha aggiunto, «sappiamo sulla nostra pelle che la propaganda finisce per armare le mani dei violenti».
Ghali ha fatto sapere che la canzone e’ stata scritta prima degli attacchi di Hamas e che poi lui si è «chiuso in una bolla per fuggire dai pensieri». Ma in serata ha diffuso un appello all’Italia perché prenda posizione sulle vittime civili a Gaza: «Sono venuto a Sanremo per portare un messaggio di pace, non ho né il ruolo né l’ambizione di risolvere una questione internazionale», ha affermato il rapper milanese, «ma se la mia esibizione porta a ragionare sull’irragionabile, se la mia canzone porta luce su quello che si finge di non vedere, allora ben venga. Non si può fare finta di nulla: è necessario prendere una posizione perché il silenzio non suoni come un assenso. Il mio Paese è l’Italia, e voglio essere fiero del mio Paese».
Casa mia, è arrivato qualche mese fa, in studio con il produttore Michelangelo: un inedito dialogo musicale in cui l’artista spiega a un extraterrestre, RichCiolino che vede la Terra per la prima volta, com’è il nostro pianeta con i suoi pregi e difetti. L’artista da 50 dischi di platino e 16 dischi d’Oro, ha appena pubblicato l’album Pizza Kebab Vol. 1.
Per tutto ciò Ghali ha deciso di essere a Sanremo, anche per una sorta di rivalsa personale, familiare e sociale. «La mia è una romantica storia italiana, rivendica lui, figlio di genitori tunisini emigrati nel nostro Paese dove lui è nato -: voglio far vedere a tutti chi sono oggi.
A mia madre prima di tutto, per tutti gli sforzi che ha fatto, ai miei compagni dell’asilo. Per la mia provenienza, la mia famiglia, i luoghi in cui sono vissuto, e i risultati che ho ottenuto, io sono una storia romantica. Italiana». Rivendica la sua italianità, anche nella scelta della cover: L’Italiano di Toto Cutugno. «Un brano che fa parte di me, anche in Tunisia la conoscono tutti».
La periferia difficile, dove “occorre personalità” per sopravvivere, fra amici che vanno in galera e bullismo subito alle medie è quella raccontata da Tuta Gold dell’italianissimo Alessandro Mahmood, figlio di madre sarda e padre egiziano con cui canta i difficili rapporti anche in questo brano. Sapori urban, piglio internazionale. «E’ un brano autobiografico, racconta le mie esperienze personali, quando mi hanno picchiato fuori dalle medie mi ha aiutato a crescere » dice l’artista due volte vincitore di Sanremo che ha colpito per la forza della sua esibizione. «Un brano che fissa quadri di vita differenti, collegati dal mio modo di raccontare», è un viaggio a ritroso nel tempo. «Torno al passato, a ciò che ha provocato sofferenza, ma che ha avuto anche risvolti positivi perché quei dolori mi hanno fortificato». Nel testo ci sono riferimenti al bullismo vissuto da adolescente: «Mi è successo anche per il mio cognome, specie al liceo. Non so se posso aiutare qualcuno, ma sono il più sincero possibile nel raccontare la mia esperienza».
Il video del brano girato da Attilio Cusani, vede Mahmood con look da rapper afroamericano danzare sui tetti di un enorme complesso popolare insieme a un gruppo di ragazzi italiani di seconda generazione che alla fine liberano alcune mucche, che vengono abbracciate da tutti i protagonisti. « Il video è un’altra storia, rispetto alla mia – spiega Mahmood -. Si raccontano questi ragazzi che vivono in una periferia, ma il loro scopo è liberare delle mucche, simbolo di tenerezza e ricordi d’infanzia, per tagliare i ponti con la crudezza della vita». Tuta gold rappresenta il nucleo del nuovo album Nei letti degli altri in uscita il 16 febbraio. (Angela Calvini – Avvenire)