Il Natale della tenerezza ha il volto dei ragazzi italiani e del loro abbraccio ai bambini rifugiati

9 Gennaio 2024 – Roma – Per il terzo anno consecutivo, i Giovani per la Pace sono tornati ad Atene nel periodo di Natale. Destinazione: il campo profughi di Schisto, alla periferia della capitale greca, dove la loro presenza sta diventando una tradizione attesa, durante l’estate e nel periodo natalizio. Nel campo ci sono un centinaio di bambini, che provengono da paesi in guerra come la Siria, l’Afghanistan e molti paesi africani. Anche per loro, come per Gesù, sembra non esserci posto. Da questa consapevolezza nasce la particolare cura e l’attenzione dei Giovani per la Pace per loro. Sono bambini poveri, deprivati di tanto. Non è facile infatti crescere in un campo profughi, senza spazi per giocare, o per studiare. Non ci sono colori: solo il grigio dei container, sopra il grigio della polvere del campo. L’arrivo dei Giovani per la Pace è un’irruzione di colori, musiche, proposte. Ma non si tratta solo di momenti di svago – che pure non sono secondari. La loro presenza fedele da anni è un riferimento umano e affettivo, un contributo alla convivenza tra i profughi, e rappresenta un motivo di speranza per tanti, come ha compreso – si legge sul sito della Comunità di Sant’Egidio – il Segretario Generale per la recezione dei richiedenti asilo, dr. Dimitris Iatrides (Secretary General for Reception of Asylum Seekers del Ministry of Migration & Asylum), che ha incontrato i responsabili dell’attività di Sant’Egidio ed ha espresso il desiderio di continuare e rafforzare la collaborazione con la Comunità in favore dei rifugiati, “ammirato di questi giovani che, non solo scelgono di trascorrere le loro vacanze estive ed invernali con i profughi, ma lo fanno in uno spirito di totale gratuità, cercando loro stessi i fondi per il viaggio e per le attività (pullman, pasti, regali di Natale)”.

Sono stati giorni di festa, e anche Babbo Natale è arrivato nel campo portando i regali a tutti. I Giovani per la Pace hanno ritrovato bambini che vivono lì da anni, incerti ancora sul loro futuro. “Non è la sorte di tutti, molti sono stati ricollocati e hanno trovato una destinazione definitiva, ma per chi rimane vedendo gli altri partire, la vita è ancora più dura”, spiega la comunità.