La storia di Abdullahi Mire: giovane somalo premiato dall’Unhcr

7 Dicembre 2023 – Città del Vaticano – «Per me il momento più felice è quando metto un libro nelle mani di un bambino rifugiato»: così Abdullahi Mire – giornalista freelance somalo di 36 anni, negli anni Novanta rifugiato nel campo profughi di Dadaab – sintetizza il senso del suo impegno nella vita. Un impegno che gli è valso il Premio Nansen per i Rifugiati dell’Unhcr per il 2023, con la consegna in programma il 13 dicembre, le congratulazioni del segretario generale dell’Onu, António Guterres, e dell’Alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, che lo ha definito «la prova vivente di come all’interno delle comunità sfollate possano nascere idee trasformative».
La storia di Mire testimonia la possibilità di riscatto tramite i libri di scuola e inizia quando a soli 3 anni si ritrova, per via della guerra civile esplosa nel 1991 in Somalia, nell’enorme campo profughi kenyano di Dadaab. Dopo essere stato reinsediato in Norvegia, Mire ha avvertito il desiderio di tornare per servire la comunità dei rifugiati somali ed ha trovato lavoro proprio in Kenya. Qui ha creato l’organizzazione Refugee Youth Education Hub, gestita da rifugiati, che sostiene il diritto all’istruzione tramite la donazione di 100.000 libri ai bambini rifugiati nel campo di Dadaab. In questo campo sterminato di tende e alloggi di fortuna nel nord-est del Kenya, uno dei più grandi e di più lungo corso al mondo con oltre 300.000 rifugiati ospitati, l’organizzazione fondata da Mire ha creato tre biblioteche piene di libri provenienti dalle donazioni.
Secondo l’ultimo rapporto sull’istruzione dell’Unhcr, oltre la metà dei quasi 15 milioni di rifugiati in età scolare rimane fuori dal sistema educativo formale. Questo dato vale anche per Dadaab, dove solo il 58 per cento dei bambini rifugiati può frequentare le scuole.
A far decollare l’attività di Mire, nel 2017, l’incontro con una giovane rifugiata a Dadaab, Hodan Bashir, determinata a diventare medico ma costretta a studiare biologia su un libro condiviso con altre 15 ragazze. Un incontro che ha spronato Mire ad avviare una prima campagna di raccolta libri. Tramite i social network e i propri contatti, come quelli della diaspora somala, il giovane è riuscito a raccogliere 20.000 libri solo per la prima fase della campagna. L’obiettivo finale è ridurre in maniera significativa il rapporto che vede una media di un libro disponibile per ogni dieci bambini a Dadaab. Hodan è stata tra le prime a ricevere un libro di testo e oggi lavora come infermiera in uno degli ospedali del campo profughi. «Nel campo ogni cosa è provvisoria. La sola cosa che rappresenta un passaporto per superare le sfide è l’istruzione», sottolinea Mire. (Valerio Palombaro – OR)