Migrantes: la mobilità previdenziale italiana

8 Novembre 2023 –

Roma – L’analisi della mobilità italiana da sempre, e per qualsiasi classe di età venga presa in considerazione, svela tendenze sociali in nuce, in essere, o che ritornano a distanza di tempo. Contemporaneamente, essa dà conto anche dei punti di forza e degli elementi di debolezza e fragilità. Se la pandemia aveva azzerato la mobilità previdenziale, quella cioè degli italiani e delle italiane dai 65 anni e oltre, nell’ultimo anno si intravede una certa ripresa.

È dal 2012 che la Fondazione Migrantes, insieme all’INPS, monitora lo stato di salute dei pensionati italiani che risiedono all’estero, che dall’estero rientrano in Italia o che fanno parte dei recenti flussi in uscita dal nostro Paese. Una mobilità, quella pre- videnziale, caratterizzata da incostanza, tanto che nel 2019 si registravano quasi 6 mila partenze l’anno per poi scendere a più della metà durante il 2020 e il 2021. Nel 2023, all’interno del generale decremento di partenze rispetto al 2022 (-2,1%), le iscrizioni all’AIRE per la sola motivazione espatrio degli over 65 anni sono state 4.300 in totale. Le variazioni registrate, rispetto al 2022, sono: +17,8% per chi ha 65-74 anni, +15,1% per 75-84 anni e +5,3% per gli over ottantacinquenni.

Cosa spinge i nostri pensionati a lasciare l’Italia? Le motivazioni sono diverse – ricerca di luoghi esotici più amati dal punto di vista culturale o climatico, necessità di paesi con politiche di defiscalizzazione, desiderio di posti diffusamente sponso- rizzati anche dalle agenzie nate proprio per accompagnare la Terza Età nel processo migratorio – ma quella che, dall’incrocio dei dati, appare come la ragione più battuta è che gli anziani vanno negli stessi luoghi dove si sono trasferiti figli e nipoti. Il desiderio che spinge un uomo o una donna avanti nell’età, molte volte vedovo/a, a vivere un per- corso migratorio oggi, mettersi in discussione e affrontare l’ignoto è, quindi, una sorta di processo di ricongiungimento familiare moderno spesso portato avanti in modo non ufficiale. I dati sono, infatti, assolutamente sottostimati in quanto soprattutto per chi si trasferisce in Europa, non sempre si procede al cambiamento di residenza. Ciò accade per diversi motivi: perché si spera che i figli tornino; perché ci si trasferisce a “tempo determinato”, fino a che, cioè, i nipoti non sono indipendenti; e perché, trattandosi di persone avanti negli anni, devono magari fare periodici controlli medici, cure, o più semplicemente non vogliono abbandonare il medico curante e, in generale, l’assistenza sanitaria italiana.

Queste e altre riflessioni sono contenute all’interno del testo Il valore del ritorno. In Italia da pensionati dopo una vita in mobilità (il Mulino, in corso di stampa) nato dalla collaborazione tra la Fondazione Migrantes e l’INPS. Nel testo viene ad essere svisce- rato un altro tema strettamente collegato alle partenze di oggi, cioè quello dei possibili rientri in Italia di italiani e italiane che, residenti all’estero, hanno raggiunto l’età pensio-nabile. Il tema del rientro si lega all’analisi dei contesti territoriali dove, proprio la pre- senza di migranti di ritorno e delle loro pensioni, genera ricchezza e permette ai territori una vitalità che altrimenti oggi non avrebbero. È fondamentale oggi cercare di capire come affrontare il fenomeno del ri-attirare anche i migranti previdenziali guardando dov’è che questa migrazione oggi crea ricchezza. Ci sono, infatti, determinate sacche del nostro territorio nazionale, le cosiddette aree interne, dove l’impatto delle pensioni pagate in Italia a persone che hanno avuto esperienze all’estero è molto forte e incide talmente tanto che questi territori riescono ad avere una sussistenza felice e dignitosa proprio grazie ai lavoratori anziani che hanno scelto di rientrare. Tale fenomeno è stato definito nel volume di prossima uscita rimborso postumo.