“Io capitano”: Garrone a Palermo, “consentire a tutti di muoversi liberamente”

20 Ottobre 2023 – Palermo – Quanto è grande questo deserto? Quanto è profondo l’abisso nel cuore dell’uomo? Quanto è vasto questo mare che ci divide da un porto di salvezza? Sono queste le domande che accompagnano lo spettatore nella visione del film “Io capitano”, l’opera con cui Matteo Garrone ha vinto il Leone d’Argento per la miglior regia all’ottantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Film che il regista ha presentato  a Palermo presso il cinema “Rouge et Noir”. La pellicola ripercorre il viaggio di Seydou e Moussa, due giovani senegalesi diretti in Italia. Attratti, come tanti loro coetanei, dall’abbaglio della vita luccicante ammirata sui social, i due scopriranno ben presto l’amaro prezzo da pagare per inseguire il desiderio di un destino migliore. Il deserto con i suoi pericoli, prima, e poi la Libia con le sue crudeltà, metteranno a dura prova la voglia dei due minori di raggiungere le coste europee. Un’odissea, la loro, che ricalca in maniera fedele quella vissuta da chi ha intrapreso il percorso migratorio dall’Africa.

La sceneggiatura, infatti, nulla aggiunge ai crudi racconti di quanti sono riusciti a compiere la traversata. Garrone, tuttavia, riesce in alcuni momenti a stemperare la tensione del racconto con quei tocchi onirici che rappresentano la sua cifra stilistica. Il risultato è un’opera che colpisce dritto allo stomaco e che si inserisce nel dibattito, sempre infuocato, in materia di politiche migratorie. Una tema, questo, che Garrone ha toccato anche in occasione al termine della proiezione. «I ragazzi come i protagonisti del film inseguono un sogno in un sistema ingiusto che con consente loro di muoversi liberamente – ha detto il cineasta romano -. Fino a quando non ci saranno canali legali di ingresso queste persone continueranno a rischiare la vita e ad alimentare il traffico di esseri umani». L’autore, parlando con il pubblico, ha raccontato di avere voluto «dare la voce a chi non ce l’ha», realizzando un controcampo, narrando una storia dalla prospettiva di chi sta dall’altra parte del mare. «Non giovani che non fuggono da guerre – ha precisato – ma giovani che sono attirati da tutto ciò che spesso vedono internet e che è un loro diritto raggiungere, senza fili spinati e preclusioni».

Il film, inoltre, pone l’attenzione sulla questione legata ai migranti accusati di essere scafisti solo per avere preso il timone dei barconi della speranza, in assenza di legami con le organizzazioni criminali che lucrano sulla disperazione di interi popoli. Un automatismo che, negli ultimi anni, ha portato alla sbarra centinaia di persone, spesso giovanissime, colpevoli solo di avere accettato il ruolo di capitano per non pagare il prezzo della traversata. È la storia di F., il quindicenne a cui si è ispirato il regista per il personaggio del protagonista, ritrovatosi senza nulla dopo avere trascorso sei mesi in carcere. È anche il caso che di P., sette anni in attesa di giudizio con l’accusa di essere uno scafista prima di essere assolto e ora testimonial dell’associazione “Dal mare al carcere”. «Gli scafisti – ha detto il migrante, intervenendo alla presentazione del film – non hanno bisogno di venire in Europa, perché hanno già il loro business. I capitani che portano la barca cercano solo di salvare sé stessi e i loro compagni di viaggio». (Luca Insalaco)