Gmmr: a Ladispoli la celebrazione di mons. Ruzza insieme alle comunità etniche

2 Ottobre 2023 – Roma – «La parabola del padrone che impiega gli operai alla sua vigna, ci dice che il Signore chiama ognuno con le sue particolarità, quindi anche con la sua cultura, le tradizioni e i riti, nella certezza che per tutti c’è un posto nel Suo cuore».
Così il vescovo Gianrico Ruzza si è rivolto ai numerosi fedeli che, domenica 24 settembre, hanno partecipato alla Messa solenne per la 109ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che il presule ha presieduto della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù a Ladispoli, riunendo le comunità etniche delle due diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e Porto-Santa Rufina.
Nell’introdurre la celebrazione, monsignor Ruzza ha ricordato i diaconi Carlo Campetella di Civitavecchia ed Enzo Crialesi di Ladispoli, scomparsi da pochi mesi, storici direttori dei due Uffici diocesani per la pastorale dei migranti.
«Dio – ha detto il presule nell’omelia – entra nella nostra storia rispettando il percorso di ognuno e non annullando nulla della sua esistenza ». «Mettere in dubbio la giustizia del padrone della vigna, come fanno gli operai della prima ora, è negare la bontà e la generosità di Dio». Lo stesso Signore, ha aggiunto il vescovo, «che ci chiede di allargare le braccia e di essere generosi, di accogliere i fratelli e sorelle che sono in difficoltà».
«La nostra pretesa di giustizia – fatta di muri e respingimenti, di sofferenze ed esclusione, di parole di odio – si scontra con l’evidente verità della bontà di Dio».
«Due immagini che ho nel cuore» sono state lo spunto per monsignor Ruzza di approfondire i temi dell’attualità: il ragazzo di 12 anni approdato a Lampedusa che durante il viaggio, nel deserto, si è occupato ed ha avuto cura di un bambino di tre anni rimasto solo, considerandolo un «fratellino». «Spero – ha denunciato il presule – che queste parole arrivino a coloro che puntano il dito, che minacciano, che invocano prigioni e sicurezza».
L’altra figura ricordata dal presule è quella dello studente afghano, arrivato giovanissimo a piedi attraverso la rotta balcanica e ora tra i più brillanti nel percorso liceale ed entrato all’università. «È arrivato nel nostro Paese perché i talebani gli impedivano di studiare: la sua volontà e dedizione dovrebbero essere di esempio per tutti».
«Dio ci chiede di allargare le braccia e di essere generosi: di accogliere i fratelli. Siamo chiamati a pensare con la sua logica: quella dell’amore, della gratuità, della bellezza, della libertà, della giustizia e della solidarietà. Come il padrone della vigna che accoglie tutti, anche quelli dell’ultima ora».
Le comunità presenti hanno trasformato questa giornata in una vera e propria festa, continuando dopo la Messa, con una breve presentazione delle diverse esperienze sia etniche che linguistiche, insieme ai cappellani che le seguono e offrendo delle testimonianze dei loro percorsi di integrazione.
Suor Chiara Mihaiela Albu, dell’Istituto delle Operaie di Gesù di Civitavecchia e responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei migranti, ha presentato i due gruppi diocesani della comunità romena e della comunità latinoamericana. «È una giornata di festa e di condivisione – ha detto suor Albu – ma anche di preghiera e di vicinanza a coloro che soffrono, alle famiglie che sono divise e a chi si prende cura e sostiene i migranti in difficoltà».
Armando, un ragazzo di origine albanese, da sette anni ospite di una casa famiglia per minori della Repubblica dei Ragazzi a Civitavecchia, ha ringraziato coloro che lo hanno accolto e tutti i volontari della comunità. «Ho ricevuto tantissimo, ne sono grato e non dimenticherò mai il bene che mi è stato fatto; un giorno spero di poter ricambiare».
Alla celebrazione sono intervenuti anche i coniugi Salvatore Olmetto e Serenella Longarini, dell’Ufficio per la pastorale della famiglia, e Massimo Magnano, responsabile della comunità Sant’Egidio.
La giornata è proseguita con balli e canti delle tradizioni nazionali delle diverse comunità, accompagnati dalla degustazione di specialità gastronomiche etniche. (Alberto Colaiacomo)