Vangelo Migrante: IV domenica di Pasqua | Vangelo (Gv 10,1-10)

27 Aprile 2023 – Ancora oggi, le grandi religioni monoteiste non osano raffigurare la divinità. I primi cristiani, nelle catacombe di Roma, rompono questo schema e cominciano a dipingere le pareti di quelle grotte. L’immagine più antica di Gesù che l’archeologia ha individuato è proprio quella di un soggetto giovane con una pecora attorno al collo: Gesù Pastore. Si trova nelle Catacombe della Basilica di san Clemente al Laterano.

Dalla pagina di Vangelo proclamata, la IV domenica di Pasqua è detta proprio del Buon Pastore. In un crescendo, con il mistero fondamentale della Resurrezione di Gesù ha inizio la nostra fede e con la Misericordia essa si esprime; quindi, con la speranza ardente dei discepoli di Emmaus prende le vie del mondo e nel Buon Pastore diventa via, verità e vita.

Gesù è tutto questo. Anzi, questo è il motivo della Sua venuta: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Non è qui per quel minimo senza il quale la vita non è vita ma per una vita esuberante, magnifica, eccessiva, quella che rompe gli argini e infonde libertà e coraggio. Gesù non è venuto a portare una teoria o un sistema di pensiero ma La Vita in risposta all’anelito più grande, e problematico, che tutti ci portiamo dentro.

Nell’immagine che Gesù offre di se stesso, ci colpiscono due caratteristiche: conosce le pecore una per una (mi disse una volta un pastore di Norcia che è possibile) e le porta fuori dal recinto, luogo che dà sicurezza ma che toglie anche la libertà. È una migrazione vera e propria che, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non è verso schemi più convenienti o opportunismi ma verso spazi aperti. Gesù avvia per tutti e per ciascuno un processo di liberazione interminabile.

Per due volte ripete: “io sono la porta”, il vero confine, la soglia sempre spalancata, che nessuno richiuderà più, quella più forte di tutte le prigioni: “entrerà e uscirà e troverà…”. Egli cammina davanti alle pecore. Non abbiamo un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini e inventa strade. Non un pastore che grida o minaccia per farsi seguire, ma uno che precede e convince, con il suo andare sicuro, davanti a tutti, prendendo in faccia il sole e il vento, pastore di futuro che ci assicura: tu, con me appartieni ad un sistema aperto e creativo, non ad un vecchio recinto finito, bloccato, dove soltanto obbedire.

Vivere è appartenere al futuro. Il buon Pastore lo tiene aperto! (p. Gaetano Saracino)