Una nuova carovana di profughi sfida il Messico e punta verso Nord

26 Aprile 2023 – Milano – Hanno aspettato per giorni a Tapachula, alla frontiera sud del Messico, un visto umanitario per attraversare il Paese, che non è mai arrivato. Poi, all’alba domenica, hanno impacchettato le poche cose, caricato bottiglie d’acqua e i bambini più piccoli sulle spalle, e si sono messi in marcia, verso la basilica di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico, sfidando il presidente Andrés Manuel López Obradór e la polizia nazionale a fermarli. La nuova carovana di oltre tremila migranti in marcia col suo carico di disperazione esige non solo libero transito per raggiungere la frontiera con gli Stati Uniti. Reclama giustizia per i 40 migranti morti un mese fa nel rogo del centro di detenzione di Ciudad Juarez, frontiera nord, sotto gli sguardi degli agenti, che non li hanno liberati perché potessero salvarsi.

«Mancano all’appello 40 migranti morti, che non avevano fatto nulla», denuncia l’attivista Irineo Mujica, direttore dell’Ong Pueblos sin fronteras, alla testa della fiumana. «El Estado los mató», «lo Stato li ha uccisi», le scritte sui cartelli inalberati assieme ad alcune croci in quella che hanno ribattezzato la «Via Crucis migrante». «Dove sono, dove sono, i 40 dove sono?» gli slogan scanditi ai megafoni. Provengono in gran parte da Honduras, da Salvador, Cuba, Haiti, Nicaragua, da una quindicina di Paesi del centrosud America. Alcuni, dopo aver attraversato vari Stati, sono rimasti bloccati per mesi a Tapachula, in Chiapas, alla frontiera col Guatemala, dal 2019 epicentro della crisi umanitaria. Dall’avvio del programma governativo «Quédate en México», «Resta in Messico», che in teoria apre le porte alle richieste di status di rifugiati, nella pratica – denunciano le Ong di diritti umani – avalla la politica di ritenzione, mantenendo intrappolate in interminabili iter burocratici decine di migliaia di persone. «Tapachula è un carcere a cielo aperto», denuncia Pueblos sin Fronteras, che con migliaia di famiglie rivendica con la Via Crucis la chiusura dei centri di detenzione di massa di irregolari e l’eliminazione dell’Instituto Nacional de Migración (Inami). I “camminanti” reclamano di accelerare l’iter per i visti umanitari, per raggiungere liberamente la frontiera nord del Messico con gli Usa, l’obiettivo finale dal quale li separano oltre 1.100 chilometri. (Paola Del Vecchio)