Ucraini: ieri una celebrazione e una mostra ad un anno dalla guerra

27 Febbraio 2023 – Roma – “Ma chi toglie il pane della bocca della gente, condanna la gente a morte crudele! Questo anno trascorre il 90 anniversario della grande carestia che fu provocata da Stalin sul territorio dell’Ucraina negli anni di 1932 e 1933. E che purtroppo si ripete adesso con la guerra in Ucraina”. Lo ha detto ieri nella Basilica di Santa Sofia l’Esarca apostolico per gli Ucraini mons.  Dionisio Lachovicz, durante una celebrazione per ricordar i morti della guerra che continua da un anno e che ha causato morti e feriti oltre a migliaia di sfollati. “Padre Nostro, gridiamo con tutta le forza. Liberaci dal maligno! E la pace finalmente ci sarà…”, ha aggiunto. Dalla Basilica romana di Santa Sofia,  uno dei luoghi di preghiera degli ucraini nella Capitale, sono oltre cento i Tir carichi di aiuti umanitari partiti per l’Ucraina dallo scoppio della guerra. La Basilica è diventata centro di solidarietà e di raccolta per dare aiuto a chi è fuggito e ai tanti che sono anche arrivati in Italia. Per ricordare quest’anno drammatico per la popolazione ucraina ieri la Divina Liturgia presieduta dall’Esarca Apostolico e cincelebrata, fra gli altri, dal direttore generale della Fondazione Migrante, mons. Pierpaolo Felicolo. E’ stato un momento di preghiera per la pace ma anche per ricordare le tante vittime di questa «orrenda guerra», dice don Marco Yaroslav Semehen, Rettore della Basilica e direttore Migrantes dell’Esarcato che in questi mesi è stato molto attivo nell’accogliere e nell’indirizzare i tanti che si sono rivolti a lui per ricevere un consiglio, un aiuto, un indirizzo. «Questa guerra è tragica per lo sradicamento delle persone – spiega ancora don Semehen  – e il suo prolungarsi porta sul tavolo grandi problemi». Oltre agli aiuti inviati nel paese o donati agli ucraini arrivati in Italia anche corsi intensivi di italiano per tanti profughi grazie all’aiuto ricevuto dalla Fondazione Migrantes. «Un gesto che abbiamo voluto – dice mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes – perché chi arriva in un paese ha bisogno di accoglienza ma anche di un supprto linguistico per vivere al meglio la loro situazione». Sono soprattutto donne e bambini perché i loro mariti sono rimasti in Ucraina a combattere. «Siamo grati al popolo italiano per quanto ha fatto e alla Migrantes», dice il sacerdote ucraino: «grazie a loro abbiamo spedito aiuti, rispondendo alla prima emergenza. E abbiamo accolto bambini e persone fragili. Abbiamo imparato molto da voi. Il nostro secondo impegno è stata l’accoglienza. Abbiamo dovuto affrontare anche situazioni difficili». Don Semehen ricorda anche un progetto della Migrantes che ha coivolto le 150 comunità cattoliche ucraine nel nostro Paese, assistite da oltre 60 sacerdoti. Attraverso questo progetto sono stati accolti oltre un migliaio di rifugiati ucraini grazie alla Fondazione Migrantes  e alle fondazioni bancarie di Acri in 18 diocesi italiane, alcuni con disabilità gravi. A distanza di un anno ogni giorno – spiega il presidente della Migrantes, l’arcivescovo Gian Carlo Perego –   «conosciamo le armi che vengono inviate in Ucraina, ma non sappiamo il numero dei morti dall’una e dall’altra parte»: «l’invio delle armi ha preso il sopravvento sui morti civili e militari, di giovani e adulti, di neonati e anziani”. Cosa fare a un anno di distanza?: «accogliere e tutelare le persone in fuga che sono arrivati tra noi, farli sentire a casa, superando i tempi lunghi della burocrazia, garantendo un minimo vitale, sostenendo i traumi nascosti, curando i malati». Oltre alla celebrazione l’inaugurazione della mostra “Graffiti del tempo di Guerra” dello scultore Capri Otti che attraverso questi lavori ha voluto esprimere solidarietà e vicinanza alla popolazione ucraina e dire no alla guerra. (Raffaele Iaria)