11 Novembre 2022 –
Lampedusa – Una donna uccisa dal freddo. Un neonato trovato morto su un barchino, perché non ha retto la traversata. Il dolore di Lampedusa non finisce mai. Gli sbarchi si susseguono sul molo di quello che, nonostante tutto, rimane un avamposto di speranza e solidarietà. E la cronaca somma, in abbondanza, le storie delle persone migranti, in cerca di un approdo. In trentasei ore, questo il bollettino del pomeriggio di ieri, si sono registrati circa settecento arrivi. L’hotspot conta più di milletrecento ospiti. Mercoledì scorso, una giovane donna è morta al poliambulatorio dell’isola, per ipotermia. I medici hanno cercato di salvarla, senza riuscirci. Successivamente, si è consumata la tragedia di un neonato della Costa d’Avorio. La sua mamma era partita dalla Tunisia, con l’idea di curare quel bambino fragile, di appena venti giorni, e di assicurargli un futuro migliore. «Sono qui da un anno e un mese – dice don Carmelo Rizzo, parroco di Lampedusa -. Sapevo delle tante difficoltà, ma qui si incontra la morte ogni giorno. Ed è terribile quando vedi arrivare un bambino senza vita, con i parenti che gridano per la disperazione». Lancia un appello, don Carmelo: «Si garantiscano viaggi in sicurezza. Non si può continuare così». Il presidio di soccorso dell’isola è guidato dal dottore Francesco D’Arca che è a Lampedusa da due mesi. E’ lui che racconta, da vicino, i drammi a ripetizione. « La situazione è molto pesante – dice il dottore –. Il nostro impegno è massimo, ogni giorno. Con la ragazza abbiamo tentato il tutto per tutto, purtroppo non c’è stato niente da fare». Poi, quell’altra pagina tremenda. « L’allarme lo abbiamo ricevuto intorno alle 23 di mercoledì – spiega il dottore D’Arca –. Abbiamo appreso che c’era un neonato morto. La mamma è una ragazza di diciannove anni. A quanto pare, il bambino soffriva di problemi respiratori e si erano imbarcati anche per farlo curare». Francesco D’Arca è un medico di lungo corso. Ha lavorato nelle corsie della chirurgia d’urgenza, nell’ospedale Villa Sofia, prima che l’Asp di Palermo lo mandasse dentro la più estrema delle trincee. Ma perfino un camice bianco con anni di curriculum non può che rimanere scosso. «La mamma del neonato – racconta – ha chiesto di guardare per l’ultima volta suo figlio e la zia ha scattato una foto da inviare al papà, rimasto in Costa d’Avorio. Noi non dimenticheremo mai quello che abbiamo visto». La politica, ovviamente, è in fibrillazione. «È un continuo ricevere chiamate da parte delle forze dell’ordine per informarmi che ci sono cadaveri. Mi sembra di assistere a un bollettino di guerra e ciò che mi preoccupa è che stia diventando una quotidianità, nell’indifferenza dell’Europa. È duro lavorare in queste condizioni, innanzitutto umanamente e poi perché il nostro Comune non può sopportare questo peso, anche per l’insufficienza di risorse umane, strumentali e finanziarie». Sono parole del sindaco di Lampedusa e Linosa, Filippo Mannino, che ha scritto al premier Giorgia Meloni e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per un incontro urgente. «Vanno cercate soluzioni durature e fattibili alle problematiche che hanno ricaduta diretta su questo territorio – aggiunge Mannino – . (Roberto Pugliesi – Avvenire)


