Vangelo Migrante: XV Domenica del Tempo Ordinario | Vangelo (Lc 10, 25-37)

7 Luglio 2022 – Le parabole rappresentano la punta più alta e rifinita del linguaggio di Gesù. Non sono l’eccezione: per Lui, parlare in parabole era la norma, si dice nel Vangelo.

Questa domenica ci imbattiamo in una delle più belle e avvincenti: quella del buon Samaritano. Gesù la offre ad un dottore della legge che gli aveva posto delle domande: “che cosa devo fare per avere la vita eterna? (…) chi è il mio prossimo?”

Alla prima Gesù gli chiede di indagare nella Legge e di rispondersi. E questi, mostrandosi preparato, richiama i comandamenti dell’amore per Dio e per il prossimo. Per  una interpretazione tutta umana, gli esperti avevano ridotto ‘il prossimo’ quasi esclusivamente ai connazionali; al tempo di Gesù erano state introdotte ulteriori restrizioni e fioccavano polemiche. Nel tentativo di coinvolgere Gesù, il dottore gli pone la seconda domanda.

Gesù opera uno spostamento di senso e richiama il cuore della Legge che le deduzioni umane avevano snaturato, come a dire: “il tuo prossimo non è colui che tu fai entrare nell’orizzonte della tue attenzioni ma prossimo sei tu quando ti prendi cura di un uomo. Non chi tu ami; ma tu quando ami …”.

E presenta una vicenda concreta, probabilmente tratta da un episodio di cronaca. “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico”, esordisce la parabola. Di lui non si sa nulla: nome, provenienza, spessore morale, status, capacità. Non sappiamo il suo nome ma sappiamo il suo dolore: malmenato dai briganti, ferito e faccia a terra; da solo non ce la fa. È un uomo-figura di milioni di altri uomini derubati, malmenati, … bombardati, naufraghi in mare, sulle strade della storia, che continuamente scendono da Gerusalemme a Gerico.

Per primi, un sacerdote ed un levita con le convinzioni di cui sopra, passano oltre: il malcapitato non appartiene al proprio gruppo religioso; il contatto con un sangue diverso da quello dei sacrifici rischia di contaminarli. Figure emblematiche: toccano le cose di Dio nel tempio e non toccano la carne della creatura di Dio sulla strada. Messaggio forte: gesti, oggetti religiosi, riti e regole ‘sacre’ possono oscurare la legge di Dio, fingere una fede che non c’è e usarla a piacimento.

Chi tira fuori l’anima profonda della Legge e del messaggio di Gesù, invece, è un eretico, uno straniero, un samaritano in viaggio: vide, ebbe compassione, gli si fece vicino. Egli appartiene a quelli che persino i discepoli qualche domenica fa, volevano punire. Gesù indugia su di lui e si compiace nel descrivere minutamente i suoi gesti grondanti umanità.

Vide: quello che c’è da fare è a portata di mano. Accorgersene e accoglierlo è già un punto di partenza. Non si tratta di essere bravi da andare a cercare chi ha bisogno di noi: occorre cominciare da chi c’è, dice Gesù.

Ebbe compassione: la compassione è un movimento viscerale interiore che nessun altro può fare al posto nostro e vale più delle regole cultuali o liturgiche; più di quelle dottrinali. Surclassa le leggi antiche (è uno straniero) ed ignora le distinzioni moralistiche: soccorrere chi se lo merita, gli altri no!

Gli si fece vicino: gli schemi per fare del bene, fanno dimenticare il bene. Non si guarisce con le analisi del sangue, quelle aiutano a fare la diagnosi. Si guarisce quando qualcuno interviene.

Il realismo di Gesù ci sorprende? Ma questo è quello che Lui ha fatto con noi: si è fatto straniero, ‘peccato’ in nostro favore, dice san Paolo, ci ha soccorso, ci ha curato le ferite con l’olio, ci ha ricoverato in una locanda (la Chiesa). E tornerà a pagare il rimanente per le nostre cure.

Intanto, chi è stato stabilizzato in salute vada a battersi perché su quella strada nessuno più sia malmenato … (p. Gaetano Saracino)