Tavolo Asilo: “Accoglienza da riformare in sei proposte”

23 Giugno 2022 – Roma –  Sei proposte per riformare il sistema di accoglienza italiano e per rendere “compiuta”, dopo venti anni, la riforma della protezione per chi arriva in Italia in fuga da guerre e persecuzioni. Idee che vanno dal superare il sistema binario tra le gestione dello Stato e quella degli enti locali e dal bloccare la proliferazione dei centri di accoglienza sanitaria, passando per la garanzia di standard adeguati ed uniformi e per la valorizzazione del ruolo delle famiglie, fino ad arrivare all’attuazione di una progettazione condivisa e alla permanente consultazione del Terzo settore. Il tavolo Asilo e Immigrazione (Tai), la coalizione delle organizzazioni della società civile impegnate per la tutela delle persone di origine straniera nel nostro Paese tra cui ci sono Fondazione Migrantes, Acli, Caritas Italiana, Centro Astalli, Comunità di Sant’Egidio, chiede così al governo di rimettere mano alla legge Bossi-Fini. E lo fa sulla base di un’indagine realizzata tra gli op eratori che lavorano nei progetti territoriali, da cui emerge «la profonda condivisione nel modello di accoglienza diffusa, accompagnata però dalla scarsa legittimazione politica e istituzionale». Ecco perché c’è bisogno di un restyling. «Quest’anno ricorrono i vent’anni della legge Bossi-Fini – spiega Filippo Miraglia di Arci e coordinatore del Tai – Eppure in tutti questi anni non si è riusciti ad abbandonare un approccio emergenziale per strutturare un sistema che risponda realmente alle esigenze del nostro Paese e delle persone che arrivano qui a chiedere protezione». La loro proposta di riforma dell’accoglienza parte da un punto fondamentale: superare il sistema binario. Per questo il Tavolo Asilo chiede un trasferimento delle funzioni amministrative ai Comuni per la gestione ordinaria dell’accoglienza territoriale e trasformare il Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) da programma a sistema unico. Inoltre, secondo le organizzazioni, bisogna superare la volontarietà da parte degli enti locali nell’assumere la scelta su se e quando aderire, nonché uscire dal sistema di accoglienza. Come pure valorizzare l’accoglienza in famiglia all’interno del sistema istituzionale. «Dai primi anni 2000 si sono sviluppate esperienze indipendenti all’interno delle famiglie italiane – sottolinea perciò Fabiana Musicco, direttrice di Refugees Welcome – ma ad oggi tutto questo rimane a livello di sperimentazione».