In Famiglia: Ecco tua madre

22 Febbraio 2022 –  

Nei Vangeli non mancano altri personaggi che incontrano Gesù mettendo al centro i loro legami di parentela. Viene in mente la supplica della donna siro-fenicia che chiede a quel rabbi ebreo di liberare sua figlia da uno spirito immondo (Mc 7, 24-30). È l’ostinazione di una madre disperata che riesce a fare breccia nel cuore di Gesù che le aveva detto di essere venuto per il popolo di Israele e non per i cagnolini, espressione con cui si indicavano gli stranieri. “Anche i cagnolini si nutrono delle briciole che cadono dalla tavola dei padroni”: un’umiltà sconcertante, una fiducia senza confini, come quella della emorroissa che riesce a toccare il lembo del mantello di Gesù ed è guarita (Mt 9,20-22; Mc 5,25-34; Lc 8,43-48). Sono spesso donne che con la loro fede commuovono il cuore del Figlio di Dio, ma è quello che avviene anche con un padre come Giairo, che non si rassegna che la sua piccola figlia non si svegli più (Mc 5,21-43; Mt 9,18-26; Lc 8,40-56). Gesù “entra” con le sue viscere di misericordia nelle vicende delle famiglie che incontra, entra nelle case, non resta ad aspettare chi lo cerca nei luoghi del sacro. È già nella dinamica delle sue azioni che possiamo leggere i “segni” del suo amore per l’uomo e di fatto è la fede di chi gli si rivolge che emerge; è questa il presupposto con cui poi si possono riconoscere i miracoli. Ma il cuore di Gesù, la dimensione squisitamente umana del suo amore si rivela anche sulla croce. Proprio dove si sta compiendo il mistero della redenzione per tutti gli uomini, al culmine tragico e misterioso della sua missione, assunta in piena libertà secondo la volontà del Padre, Gesù vede sua madre. La donna che ha permesso la sua nascita, che lo ha accolto e lo ha seguito con amore totale e silenzioso fin sotto quella croce e che ora non si sottrae a quell’estremo dolore salvifico. Con lei c’è il discepolo amato e Gesù pronuncia le famose parole “Donna, ecco il tuo figlio!” E al discepolo “Ecco la tua madre!”. “E da quel momento – commenta il Vangelo – il discepolo la prese nella sua casa”. (Gv 19,26-27). C’è un amore particolare, una premura filiale che accorcia in un attimo tutta la distanza che quel figlio “che doveva occuparsi delle cose del Padre suo” aveva dovuto mettere fra sé e la sua genitrice. La madre non viene lasciata sola, abbandonata ad un futuro che a quel tempo sarebbe stato di stenti e di precarietà. Gesù l’affida al discepolo amato ed anzi si tratta di un affidamento reciproco perché fra i due si crei una comunicazione e un’intimità che saranno linfa vitale per tutta la comunità dei primi credenti e fino a noi oggi. Colei che più di ogni altro essere umano ha saputo accogliere in sé la Parola di Dio permettendo che divenisse carne, ora è donata ai cristiani perché la sua maternità si riversi su loro per sempre. È lei la porta della speranza, lei un tramite ineguagliabile per accostarsi al mistero di Dio. E lei stessa diviene immagine della Chiesa nascente. Ci eravamo quasi scandalizzati quando Gesù aveva detto “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” (Mc 3,31-34; Mt 12,46-50; Lc 8,19-21), ora capiamo che la sua volontà non è mai stata disconoscere l’immensa ed umile accoglienza del grembo che lo ha generato, quanto piuttosto che Maria, “figlia del suo Figlio” non si sarebbe limitata ad una gestazione biologica di Gesù, ma sarebbe stata per sempre l’archetipo del credente che ascolta la Parola e la mette in pratica fino a farla diventare vita dentro di sé. Maria è investita di una generatività non più nella carne ma nello spirito, attirando al cuore del Figlio tutti i cristiani nel corso della storia. (Giovanni M. Capetta – Sir)

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