18 Novembre 2021 – Padova – “La fede cristiana non è riservata a chi vive nelle condizioni stabili di una comunità parrocchiale, ma anche a chi viaggia. E oggi la mobilità umana è molto accresciuta rispetto al passato; eppure, il Vangelo è destinato anche a chi non ha una forma stantia di vita ed abita nelle vicinanze di una chiesa”. Lo ha sottolineato ieri sera mons. Luigi Bressan, vescovo delegato per la Migrantes della Conferenza Episcopale del Triveneto, nell’omelia della celebrazione che ha concluso la prima giornata del convegno nazionale Migrantes a Padova del convegno sul tema “La Chiesa tra i viaggianti”. Per il presule tutti “siamo chiamati e insieme inviati. Anche gli spettacolisti viaggianti hanno nella tradizione della Chiesa i loro patroni: san Genesio martire, detto il “mimo” perché attore e ucciso mentre presentava il battesimo (25/8) e il più celebre san Giuliano l’Elemosiniere (12/2); ma pensiamo anche a san Filippo Neri che organizzava serate per i pellegrini nel suo Oratorio”.
Mons. Bressan ha sottolineato che le stesse condizioni di vita “comportano che non si può costruire la dimensione religiosa solo attorno al presbitero”. Come “programma pastorale dobbiamo – ha detto il presule – “prevedere i mezzi perché si viva cristianamente in ogni ambiente, e non soltanto da parte di chi può venire regolarmente in una determinata comunità. La famiglia della Chiesa è universale e il contributo missionario dei laici nella storia e nell’attualità della vita ecclesiale è immenso. Ciò non toglie – ben inteso – il diritto anche dei giostrai di aver accesso alla parola di Dio ed ai sacramenti in modalità compatibili con i loro ritmi di lavoro”. Del resto, “l’organizzare il gioco e rendere più lieta la vita è una missione conforme al mandato biblico”. I circhi e luna park – ha detto mons. Bressan – “ridestano nelle coscienze l’attenzione alle capacità date da Dio all’uomo, potenzialità che gli operatori giostrai hanno sviluppato con enormi sacrifici e con finezza artistica. Ci incoraggiano alla fiducia e a osare una realtà migliore. Nello stesso tempo rispondono al senso innato della festa, al suo messaggio per la vita quotidiana, per la contemplazione e per la stessa preghiera”. Dobbiamo sostenere la loro dimensione religiosa, ma anche le problematiche sociali di quanti in realtà sono “marginalizzati nella società moderna e che la recente – e purtroppo ancora in corso – pandemia ha colpito più duramente. L’uomo non vive di solo pane e non possiamo lasciare che le nostre società si sviluppino senza il fattore religioso come senza la dimensione che fieranti e circensi ci propongono. È un mandato che riceviamo dall’amore di Dio per l’umanità. (Raffaele Iaria)