4 Giugno 2020 – Camerino – Scrivere qualcosa circa questo tempo di pandemia, vissuto nelle nostre piccole comunità della diocesi di Camerino – S.Severino e in particolare nella zona bella e montagnosa di Serra S.Quirico, dove vivo, mi trova sinceramente un po’… invidioso. Nei riguardi di chi trova il tempo di attendere seriamente ai temi, che competono alla Migrantes di cui faccio parte. Credo di parlare anche a nome di tanti preti diocesani, come me, ai quali la difficile situazione in cui versano le nostre chiese con la penuria di sacerdoti, induce i Vescovi ad affidare varie comunità, ancorché piccole o medie, alla cura di un solo pastore. Per questo, anche in questo tempo, nel quale tutto sembrava fermo e statico, non si è vissuti inoperosi. Ma impegnati, anzi richiesti della nostra opera per tener in piedi le varie comunità, inventare possibilità di relazione per le famiglie, per i giovani o i ragazzi, nel tentativo di evitare uno scollamento, che rischia di essere irreversibile. E dire che non siamo della generazione dei “nativi digitali”, quindi con una certa difficoltà ad operare nel campo dei social. Questa situazione, certamente imprevedibile, dovrà condurre le nostre comunità ad una seria riflessione sul modo di operare pastoralmente. Ma intanto ci affanniamo a tenere in piedi relazioni in un mondo diventato alquanto sfiduciato per i gravi problemi sociali derivanti da questa pandemia. Ma anche a livello interpersonale, ove si rischia di vedere nel prossimo (spesso irriconoscibile per la mascherina…) più un elemento da temere, che un fratello con cui camminare insieme. In questo quadro apparentemente grigio, se non oscuro, lo Spirito del Signore ha smesso di aleggiare? Certamente no, e proprio in questi mesi di duro arresto se si sono accentuate le necessità, per tante famiglie che già facevano fatica ad andare avanti e alle quali ora si sono aggiunti certamente altri poveri, proprio in queste dure circostanze è stato possibile attraverso la Caritas, farci prossimi ai tanti bisogni, spesso basilari, della gente. Abbiamo allacciato rapporti più stretti con varie famiglie, anche solo nell’ascoltare le difficoltà e le preoccupazioni. E facilmente si immagina come a subire un maggiore contraccolpo sono state le famiglie di “stranieri”, che non avendo il “salvagente” di familiari (genitori, nonni…) capaci di far fronte all’emergenza, sono dovuti ricorrere alla Caritas, la quale ha potuto lavorare in coordinazione con altri organismi operanti nella realtà. A prova di questo più stretto contatto con le famiglie non italiane vogliamo ricordare di aver vissuto il momento finale del Ramadam (anch’esso con una festa rimandata rispetto alle consuetudini) insieme ad una famiglia islamica tunisina, con la quale abbiamo stretto profonda amicizia ricambiata. Che sia un chiaro segno dello Spirito che vince ogni divisione? Forse, un piccolo germoglio di una primavera di fraternità, che tutti desideriamo, ma che stentiamo a costruire… E che ci parla tanto del Regno di Dio che verrà. (don Michele Giorgi, Migrantes Camerino – San Severino)