24 Aprile 2019 – Santeramo in Colle – Un sabato pomeriggio, una partita a calcio… Fin qui sembra una giornata qualunque all’oratorio di Santeramo in Colle, non lontano da Bari. Ma c’è una squadra di ragazzi mai visti prima, con una divisa colorata di cui vanno fieri: provengono dal Camerun e hanno qualcosa da condividere. Dopo una vivace partita, organizzata dalla locale Polisportiva Giovanile Salesiana (PGS) e dal gruppo missionario dell’oratorio, con la collaborazione della parrocchia “Sacro Cuore” di Santeramo, i giovani camerunensi hanno donato un pezzo della loro storia a tutta la comunità.
Continuamente si sente parlare di accoglienza, integrazione, migranti… Ma molto spesso il discorso si riduce a numeri e dati… I quali, però, che non contano più quando capita di guardare negli occhi, ascoltare la storia di qualcuno che ha un nome e un cognome.
I ragazzi del Camerun sono giovani che hanno rischiato il tutto per tutto, che sono partiti “quando il mare sembrava più sicuro della terra” e adesso sono aperti al dialogo, al confronto, allo scambio. Non è stato difficile, è bastato un pallone, una bella partita, una chiacchierata e infine una testimonianza che ha insegnato, letteralmente “segnato dentro”, ciascuno. Il bello dell’accoglienza, come faceva notare uno dei ragazzi del Camerun, è che diventa tale solo quando è a due direzioni: accogliere significa aprirsi all’altro e lasciare che l’altro si apra a te.
Ed è così che uno di questi giovani accolti a Santeramo lascia tutti senza parole, con poche frasi, sincere e dirette: “Fa paura non avere uno scoglio a cui aggrapparsi. Io so cosa significa attraversare il mare, schiacciato su una barca o su un gommone, tra i pianti ei bambini e le urla delle madri. Tra le onde che ti spingono in acqua con la morte nel cuore sapendo che non ti aspetta nessuno e che non puoi tornare indietro.
Io so anche cosa significa essere salvati e accolti, ma non tutti sono stati fortunati come me, come noi. E quei corpi sulla spiaggia, in mare, non me li potrò mai strappare dal cuore e dagli occhi.
Prego perché questa sera siamo noi a salvarvi, perché Dio ha dato il suo figlio unico per salvare tutti noi, e voi, perché siamo la sua famiglia. La sua famiglia siamo tutti noi, il mondo intero senza confini, senza odi senza rancori e senza divisione. Perché Gesù è l’amore su cui dobbiamo fondare le nostre vite, le nostre case e le nostre famiglie. Grazie”.
Durante la testimonianza, c’erano persone di tutte le età, completamente diverse le une dalle altre, ma tutte animate dalla curiosità e dalla certezza che c’è qualcosa che va oltre i numeri, le notizie, le testate giornalistiche. Dietro questi giovani c’è davvero un mondo da scoprire ed è stato bello avere la possibilità di esplorarne una parte. (Fonte: Don Bosco al Sud)