Londra – In attesa che governo e Parlamento inglese trovino la quadra sull’accordo per la Brexit da siglare con Bruxelles, entra in vigore dal 21 gennaio l'”EU Settlement Scheme”, la procedura per chiedere la residenza permanente nel Regno Unito per i cittadini dell’Ue: 3 milioni e mezzo di cittadini di cui 700mila italiani stimati mentre gli iscritti all’Aire sono 301.439 al 1 gennaio 2018. E’ una procedura in fase di test, aperta a tutti coloro che hanno un passaporto di un paese membro UE. La data di apertura ufficiale è il prossimo 30 marzo 2019. La richiesta si può presentare entro il 30 giugno 2021 ma, se il Regno Unito dovesse uscire dall’Unione Europea senza accordo, il termine ultimo è il 31 dicembre 2020. I richiedenti dovranno provare la propria identità utilizzando il proprio passaporto e un’app sul cellulare.
Chi è già residente da almeno cinque anni in modo continuativo, potrà ottenere il “settled status”; chi da meno di 5 anni otterrà il “pre-settled status”, potrà cioè restare nel Regno Unito fino a quando avrà maturato i cinque anni necessari a ottenere il “settled status” facendone richiesta.
Come ottenere la residenza nel Regno Unito? La procedura sembra essere più snella rispetto a quella chiesta prima per ottenere la Permanent Residence Card (PR), la carta di residenza, che è un documento fisico ottenibile compilando un modulo da ben 80 pagine e che continua ad essere necessario in caso si voglia fare richiesta della nazionalità britannica.
Per ottenere il “settled status” che sarà soltanto una condizione digitale, bisognerà avere tre requisiti: possedere un documento di identità, presentare la prova che si è residenti in Gran Bretagna e dichiarare eventuali condanne giudiziarie. Come prova che si vive davvero nel paese si dovrà indicare il proprio NIN (National Insurance Number) cioè un codice collegato alle tasse, agli eventuali aiuti statali ed al sistema pensionistico simile al codice fiscale italiano. Se il NIN non dovesse fornire tutte le informazioni richieste, sarà possibile aggiungere altre prove di residenza come contratti d’affitto o di lavoro, tasse municipali, bollette del telefono, iscrizioni a scuola, visite mediche e qualsiasi altro documento analogo. Per provare la propria identità, si dovrà fornire la scansione digitale del proprio passaporto valido o della propria carta d’identità valida, e una foto digitale del proprio volto.
La richiesta andrà fatta online e vi si potrà accedere attraverso smartphone, tablet o computer. Per aiutare anziani e stranieri con poca dimestichezza con l’inglese o l’app, sarà disponibile una assistenza tecnologica e linguistica. Se la richiesta non dovesse andare a buon fine, si potrà fare ricorso.
Il pericolo irregolarità. Decine di migliaia di cittadini dell’Ue residenti in Gran Bretagna potrebbero divenire dopo la Brexit clandestini senza documenti. Come riporta il quotidiano britannico “The Independent”, il timore espresso da alcune organizzazioni antiBrexit è che il sistema messo a punto dallo Home Office di richiedere a tutti i residenti cittadini dell’Ue di fare domanda prima dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue potrebbe lasciare un gran numero di persone vulnerabili nella condizione di non poter documentare il proprio diritto a rimanere nel Paese. Se anche solo il 5% dei residenti (su circa 3,5 milioni di persone) dovesse avere problemi nel presentare la domanda, vorrebbe dire che 175mila persone potrebbero trovarsi privi di un status legale nel Paese.
In un test condotto alla fine dell’anno scorso erano state presentate 29.987 domande, di cui 27.211 hanno già ricevuto risposta positiva e senza che si sia registrato alcun respingimento.
Tra le associazioni che si occupano di tutelare i diritti degli Europei nel Regno Unito, segnaliamo “The 3 Million” (https://www.the3million.org.uk/). Tra i think tank che producono studi ed approfondimenti su questo argomento, segnaliamo “British Future”. (http://www.britishfuture.org/articles/eu-settlement-scheme/).