Mons. Nosiglia: la disponibilità della diocesi a ospitare alcune famiglie che si trovano a bordo delle navi nel Mediterraneo

Torino – L’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nell’omelia in occasione della festa dei Popoli, promossa ieri dall’Ufficio Migrantes diocesano nella Chiesa del Volto Santo, ha dichiarato la disponibilità della Chiesa torinese ad accogliere alcune famiglie che si trovano a bordo delle navi Sea Watch 3 e Sea Eye ancora in mare in attesa di un porto dove attraccare.

“La nostra Chiesa, come si ricorderà – ha detto il presule – aveva già offerto questa disponibilità per i profughi della nave Diciotti, nel settembre scorso. Si tratta di un gesto che ha un significato simbolico e spirituale ed è, allo stesso tempo, molto concreto. Simbolico perché ci pare estremamente necessario, in questo momento, lanciare un segnale preciso alle autorità istituzionali italiane e degli altri Paesi europei, sul significato dell’accoglienza. Spirituale, perché mi domando, altrimenti, come facciamo a parlare e predicare di accoglienza dei bisognosi, se poi non ci mettiamo nelle condizioni di praticarla. E’ molto concreto, infine – ha concluso – perché stiamo parlando di persone: e ogni piccolo sforzo nella direzione di alleviare certe sofferenze, certi disagi, ha un grande valore, soprattutto se non saremo soli ad affrontare in questi termini il problema”.

Quel che ci sfida di più oggi – ha aggiunto mons. Nosiglia –  è  il “lasciarci provocare dalle domande espresse o inespresse, ma sempre reali e concrete, dei poveri, degli immigrati, dei senza fissa dimora, degli ultimi. Dobbiamo camminare con loro, perché essi sanno bene dove incontrare Dio, sanno seguire la stella che conduce a lui, sanno riconoscerlo e diventano nostri maestri di vita e di amore”. 

Capita anche a noi oggi che tante persone di altri Paesi e fedi, “bisognose di accoglienza e di incontro – ha continuato il presule torinese –  ci interroghino con la loro presenza, con le loro necessità. Esse interrogano le nostre istituzioni e la nostra Chiesa, la nostra società torinese con la domanda: dov’è il Messia che è nato? Voi che dite di credere in lui, sapete indicarci la strada che ci permette di riconoscerlo ed incontrarlo? Se la  nostra risposta resta estranea ai loro bisogni esistenziali, spirituali ed umani, facciamo come Erode, i sacerdoti e gli scribi, non li accompagniamo al Signore, li lasciamo vagare da soli; ma in tal caso forse non arriveremo mai a gustare la vera gioia di vedere il Salvatore e di adorarlo come i Magi. Se invece comprendiamo che la loro provocazione ci stimola ad uscire dalla nostra paura, dal nostro perbenismo e paternalismo, dal nostro dare buoni consigli senza impegnarci in prima persona nel farci carico di stare con loro sulla strada della loro vita di ogni giorno, allora la loro presenza diventerà forza di cambiamento anche per la nostra fede e la renderà più sicura, gioiosa e ricca di novità. Allora incontreremo il Dio con noi e dalle parole conosciute ed ascoltate in chiesa, passeremo alla Parola, accolta, vissuta e testimoniata nella vita”.

Mons. Nosiglia ha quindi ringraziato coloro che operano “nella nostra società e nelle nostre comunità cristiane per farsi accompagnatori di chi cerca il Signore e lo può trovare nel loro amore, nella loro prossimità e solidarietà, nel loro sorriso e in una forte stretta di mano, nel sentirsi chiamati per nome e ritrovare così dignità e speranza di vita”. L’Epifania – ha quindi detto –  è la festa di questo “Dio difensore degli ultimi, che si rivela a tutti, ricchi e poveri, potenti e umili, italiani o stranieri, cristiani e non, come il Dio che salva dalla divisione e dall’indifferenza, dall’odio e dalla violenza, dalla discriminazione e dal rifiuto dell’altro. In lui c’è unità, pace e amore, perché non fa differenza di persone e si incarna in ogni uomo che è, come lui, povero, solo, rifiutato e minacciato. La certezza della sua presenza deve dare speranza e coraggio a chiunque lotta ogni giorno per costruire il suo mondo, che Egli ha amato e per il quale ha dato se stesso. Il suo mondo, che può diventare anche il nostro, se, come i Magi, lo riconosciamo e adoriamo nel cuore e nella vita, confidando solo in lui, per vincere le nostre stanchezze e scoraggiamenti e credere nella potenza di cambiamento che sono la fede e l’amore che Egli ci ha donato”. (Raffaele Iaria)