Ecco le famiglie a braccia aperte: una vita insieme per 120 rifugiati

Roma – Ci sono Laura e suo figlio Riccardo di Roma, che è riuscito a spiegare a Sahal cos’è la spensieratezza a forza di sfide alla playstation. Beppe, Michela e i loro bambini – Giosué e Leonardo – a Cuneo hanno imparato tanto da Mamadou che, nonostante il Ramadan, ha partecipato alla festa della prima comunione. Andrea e Bruna a Padova hanno aperto la camera di loro figlio, ormai grande e fuori casa, a Gumbadin e Hajikha. Francesco e Lucia a Macerata hanno accolto Blessing col pancione di otto mesi, e ora sono in quattro. E nonna Cettina che a Catania ospita Alpha: «Finché campu, pe’ mia po’ stari».

Sono solo alcune delle 120 famiglie che hanno aperto la loro casa per accogliere un rifugiato. Un’Italia ospitale, generosa e solidale, messa in rete e valorizzata da Refugees Welcome. Un progetto, nato nel 2015, che i fondatori e responsabili Matteo Bassoli e Fabiana Musicco si augurano venga copiato. E con i numeri del primo bilancio sociale triennale, Refugees Welcome lancia anche le linee guida, alla presenza di Felipe Camargo, responsabile Acnur per il Sud Europa, nella speranza che servano per iniziative analoghe. Molte di più – 1.196 – sono già le famiglie che hanno espresso la volontà di ospitare un rifugiato, e ben 3.448 i rifugiati in cerca di ospitalità.

Delle 120 convivenze attivate, 31 sono attualmente in corso, durata media circa 7 mesi, ma 8 famiglie hanno deciso di prolungare l’iniziativa a tempo indeterminato. In altri 7 casi, dopo la prima convivenza, il rifugiato è stato accolto in una seconda famiglia. A livello territoriale, le regioni che hanno accolto di più sono Lazio e

Lombardia. La città più ospitale è stata Roma con ben 30 convivenze. Per quanto riguarda gli accolti: nel 58% dei casi sono titolari di protezione umanitaria, seguono i rifugiati col 20% e le persone con protezione sussidiaria, 16%.

Chi sono invece le famiglie accoglienti? Principalmente coppie con figli (30%), poi le persone singole (28%), coppie senza figli (23%) e coppie con figli adulti fuori casa (11%). L’associazione spiega che il 2018 è stato l’anno con il boom di iscrizioni proprio in risposta alla politica dei porti chiusi: 150 famiglie hanno dato la disponibilità a ospitare un rifugiato nei mesi di giugno e luglio, proprio dopo i primi provvedimenti del nuovo governo e del ministro Salvini. Nel 2019, inoltre, partiranno nuovi gruppi locali in Puglia, Campania, Umbria e Calabria. «Il nostro obiettivo era realizzare un cambiamento culturale rispetto al racconto del fenomeno migratorio», spiega Fabiana Musicco, vicepresidente di Refugees Welcome.

All’inizio ad accogliere di più era il Centro Nord «perché i fondatori erano al Nord – aggiunge Musicco – poi le richieste sono cominciate ad arrivare anche dalle regioni del Sud e ora copriamo 15 regioni». Per replicare l’iniziativa, l’associazione ha preparato un volume di “Linee guida” con tutti i passaggi: dalla prima intervista con la famiglia, fino all’incontro con la persona ospitante e le cose da fare durante l’accoglienza. Per Felipe Camargo dell’Acnur, «questa è l’esperienza delle sponsorship private, che esiste anche in Canada e Spagna ed è fondamentale per l’integrazione».(Luca Liverani)