Roma – “Non mi stancherò mai di ripeterlo: la Chiesa cattolica, da sempre, si prende cura dei poveri, degli ‘scarti’ e degli ultimi. I poveri, anche quelli forestieri di cui non sappiamo nulla, appartengono alla Chiesa ‘per diritto evangelico’ come disse Paolo VI. Ed è in virtù di questo ‘diritto evangelico’ che la Chiesa italiana si muove con cura e compassione verso coloro che scappano dalla povertà, da guerre, carestie, fame, persecuzioni”.
E’ quanto dice il Presidente della CEI, il Card. Gualtiero Bassetti in una intervista pubblicata sule pagine di Avvenire. Per il porporato accogliere un profugo significa “salvare una vita”. Pertanto “in nome del Vangelo chiediamo di non porre ostacoli, anche di natura legislativa, all’accoglienza e al primo aiuto dei migranti che bussano alle nostre porte o che giungono nelle nostre coste, magari salvati in mezzo al mare”. E aggiunge che l’accoglienza va fatta “con carità, grande responsabilità e, come ha sottolineato il Papa, secondo le possibilità effettive che possono essere garantite. Mi dicevano alcuni vescovi africani durante il Sinodo sui giovani – ha detto ancora il card. Bassetti – che le continue partenze svuotano i loro Paesi di molte potenzialità. Per questo motivo vanno incentivate, e non ridotte, le forme di cooperazione internazionale. Un orizzonte che la CEI ha ben chiaro da molto tempo, come testimonia il progetto ‘Liberi di partire, liberi di restare’”.
Nella lunga intervista al quotidiano cattolica il Presidente dei vescovi italiani ricorda l’Incontro di riflessione e di spiritualità per la pace nel Mediterraneo che si terrà nel novembre 2019 a Bari. Un progetto “che coltivo fin da quando sono stato nominato presidente della CEI e che è stato fatto proprio dai confratelli vescovi. Il Papa – ha spiegato il card. Bassetti – ha accolto il nostro progetto di radunare in Italia i vescovi dei Paesi che si affacciano sul grande mare per pregare insieme e per confrontarci su angosce e speranze delle nostre genti. Da prete fiorentino mi sono ispirato alla visione profetica di Giorgio La Pira che proprio 60 anni fa aveva voluto i Colloqui mediterranei e che era solito definire il Mediterraneo un ‘grande lago di Tiberiade’ che accomunava la ‘triplice famiglia di Abramo’. Si tratta di un incontro unico nel suo genere perché non sarà certo un summit politico e neanche un convegno di intellettuali. Ma sarà un incontro di vescovi che provengono da tre continenti diversi: Europa, Asia e Africa”. Il Mediterraneo – ha spiegato ancora – è “teatro di conflitti e tragedie, di scelte disperate e di minacce. Fra le emergenze c’è anche quella migratoria. Osserviamo con viva apprensione un fenomeno che vede migliaia di persone fuggire dalle regioni povere dell’Africa, affrontare in condizioni indicibili la traversata del deserto, per finire profughi in mare e spesso morirci. Di fronte a uno scenario così preoccupante, il mondo politico e le organizzazioni internazionali sembrano incapaci di ricercare soluzioni adeguate. Allora mi sono posto il problema di che cosa possa fare la Chiesa per difendere il bene prezioso e fragile della pace e per proteggere ovunque la dignità umana, sempre più calpestata. Incontrando uomini di cultura, vescovi, politici attenti e studiosi, ho maturato – ha concluso – la convinzione di un segno forte che la Chiesa debba lanciare per tentare di fermare la violenza e riportare tutti al bene della riflessione e della pacifica soluzione delle controversie”. (R. Iaria)