Mons. Bertolone: i migranti “sono persone, con i loro diritti fondamentali, da tutelare”

Catanzaro –  Nel 2017 sono 257,7 milioni le persone che nel mondo vivono in un Paese diverso da quello d’origine… nel 48,4% dei casi donne”. Il dato riportato dal Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes è stato ripreso questo pomeriggio a Catanzaro dal presidente della Conferenza Episcopale Calabra, Mons. Vincenzo Bertolone alla presentazione del Rapporto stesso su iniziativa delle delegazioni regionali della Calabria dei due organismi pastorali della CEI (vai all’articolo).Soffermandosi sulla nota della CEI “Comunità accoglienti: uscire dalla paura” il presule ha evidenziato che “piuttosto che alimentare nuovi timori o paventare rischi, è più giusto parlare di opportunità, come ha suggerito anche papa Francesco, il quale ha articolato la possibile risposta pastorale al fenomeno migratorio in quattro verbi: ‘accogliere, proteggere, promuovere e integrare’. Verbi che, opponendosi alle ‘logiche funeste della cultura dello scarto e della globalizzazione dell’indifferenza’, incentivano le logiche ‘della relazionalità e dell’alterità volute dal Creatore come tratti distintivi di ogni essere umano e condizioni essenziali della sua piena realizzazione’. Logiche del tutto antitetiche al ‘lucrativo traffico di esseri umani perpetrato da organizzazioni criminali senza scrupoli”. Logiche che offrono ai cattolici l’opportunità di proporre una nuova frontiera missionaria per l’annuncio di Cristo nelle nostre stesse terre”. I migranti – ha detto Mons. Bertolone – “non possono essere ricondotti – come più di uno tende oggi a fare – allo stereotipo di stupratori, ladri e terroristi. Mentre qualcuno vorrebbe farci credere questo, la Chiesa non può che ribadire che i migranti – tutti, donne, uomini, bambini e adolescenti – sono persone, con i loro diritti fondamentali, da tutelare, anche in base alla Convenzione di Ginevra del 1951. Da parte sia dei governi, sia della società civile e della Chiesa, è auspicabile che si instauri un cambiamento di linguaggio e di atteggiamento. Non si dovrebbe mai far diventare il tema dell’immigrazione una specie di ordigno di fine del mondo per far saltare l’Europa o le maggioranze politiche, se usato come detonatore di una vera e propria strategia della tensione comunicativa. Non si può rispondere a una sensazione (reale o presunta) di minaccia, mettendo in atto uno stato di eccezione democratica, ovvero non si può sostenere che, per ottenere una vera sicurezza, bisogna in qualche modo limitare la libertà delle persone migranti”.

Come raggiungere politiche di sicurezza sui versanti della lotta alla deprivazione economico-sociale, del terrorismo, della gestione dei flussi migratori e della emarginazione delle mafie, senza costruire una specie di fabbrica della paura? È questa la domanda – per il presidente dei vescovi calabresi –  che oggi “richiede nuovi linguaggi, ben diversi, da quello della criminalizzazione dell’immigrato, del ‘diverso’ e dall’altro, per cui ogni azione di prossimità ai migranti non è altro che un buon affare ai limiti della legalità”.

Per Mons. Bertolone al superamento delle paure, degli allarmismi, e della sindrome da accerchiamento, può “molto contribuire il peso sociale e culturale del fattore religioso”. In merito, il Rapporto Immigrazione lamenta che “il dibattito in Italia è oscillato, in questi anni, tra il disinteresse per l’importanza del fattore religioso – in ottemperanza a una concezione economicistica dell’immigrazione – e l’enfatizzazione dei problemi e dei ‘rischi’ implicati dalla trasformazione in senso multi religioso della società”. Inoltre, esso sottolinea il grande contributo che i media possono dare a una diversa costruzione sociale della realtà”. (R.I.)

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